Racconto vincitore Quarto Concorso di composizione narrativa cyberpunk indetto da Cp2020 PBEM

 

 

laretesiamonoi

 

La rete siamo noi

Alex guardava il cielo, le stelle vorticavano attorno al polo celeste, come in una dimostrazione accelerata al planetario. Lungo la strada, lo sciabordio degli edifici seguiva scrupoloso i suoi passi ebbri.
Lasciò cadere a terra il mistificatore e finì col calpestarlo. Il crepitio della plastica e dei cavetti in resina gli diede l'impressione di aver schiacciato un grosso insetto. Le lunghe zampe del cadavere si agitarono, percorse da riflessi post mortem.
Un'ombra scura e minacciosa si approssimò dal fondo della via, fagocitando ogni cosa.
- I cavalieri dell'Apocalisse hanno l'aspetto dei nostri nemici - gridò, diretto a un pubblico assente - e tra loro si confonderanno, per cancellare i vampiri e la loro esistenza sacrilega.
Pronunciate quelle parole crollò a terra e svenne.
Si risvegliò aiutato da due mani forti, che lo sollevarono. Udì contrariato le risa dell'uomo che lo soccorreva.
- Alex - disse l'avventore - meno male che non ci sono poliziotti in giro. Ora vediamo di dileguarci, alla svelta.
Entrarono in un bar, in un'altra strada e quando si sedettero al bancone, Alex riconobbe l'individuo, ricordandone il nome come un eco dal passato.
- Oscar, come hai fatto a trovarmi?
- Mi è bastato seguire la scia dei sermoni - disse, aggiustandogli il colletto dell'abito da prete - sono contento che non ti sia ancora bruciato la memoria con quella merda. Strano che tu voglia curare i mali del mondo rifuggendolo con allucinazioni indotte da strumenti per cerebrolesi. Lo sapevi che regalano sensazioni prese dalle paure del subconscio?
Alex lo fissò in tralice, un po' per via della sbornia.
- Fatti i cazzi tuoi. Piuttosto, che ci fai qui?
- Lascia che prima ti offra qualcosa da bere, per svegliarti.
Il barista li raggiunse in un istante. Alex fissò il teschio sul collo lungo, con braccia robot, che attendeva impassibile l'ordinazione.
- Una birra scura per me e uno svegliapreti per il mio amico. Grazie, Nanni. - aspettò che il barista si fosse allontanato, tanto da non udire - Non sembra, ma è umano. Ora lo vedi così: è un cervello ingabbiato, montato su di una colonna statore su di una rotaia, dietro al bancone. Ma fra qualche anno avrà guadagnato abbastanza da acquistare un corpo.
Nanni tornò con i bicchieri, quindi si allontanò di nuovo.
Al primo sorso Alex tossì, a causa dei vapori forti che risalirono la gola.
- Vuoi dire che vuole comprare un clone?
- Mi sembra evidente. Tu vivresti il resto dei tuoi giorni in quello stato? In una scatoletta?
Alex tacque. Si preparò al prossimo sorso.
- A proposito di cloni. Questa mattina il Parlamento ne ha approvato la libera vendita, a scopo esistenziale.
Alex sputò il sorso sul bancone.
- Per via del diritto religioso - proseguì Oscar - sono stati i tiplerianisti a fare pressione su molti politici e alla fine hanno vinto. Sono in combutta con i ritornanti, che si clonano per vivere in eterno. Da oggi avranno l'esistenza facile: sarà solo una questione di soldi.
- Fottuti mostri. Bruceranno all'inferno sotto il giogo di Lucifero.
Oscar gli diede una pesante pacca sulla spalla. Le unghie del pollice e dell'indice gli si allungarono, andando a insinuarsi sotto la pelle della nuca del compagno. Alex si ribellò, scostando quella mano con tanta noncuranza da schizzare di sangue il bancone. Era furioso.
- Non provare mai più a coinvolgermi in una delle tue maledette perversioni connettive. Dopo gli squilli di tromba verranno gli angeli a epurare il mondo...
- Rilassati! Ti stavo solo passando delle informazioni sui ritornanti. Non mi avevi chiesto che ci facevo qui?
Alex lo fissò acido, si era calmato subito. Vuotò il bicchiere di schiena, strabuzzando gli occhi per il bruciore.
- Ci stai ancora? - chiese Oscar, sottintendendo molte cose.
- Erano propositi da universitari - rispose, richiamando faticosamente i ricordi, sepolti da innumerevoli frammenti di vita - è passato molto tempo. Sono vecchio per certe avventure. Voglio dire, non è come liberare gli animali da un laboratorio della vivisezione.
- Purtroppo c'è carenza di spiriti giovani - commentò Oscar, indicando la feccia superficiale e qualunquista che li circondava nel bar - i ragazzi vogliono solo esperienze virtuali, di sesso e drammi. Rinchiudono i loro giovani corpi in loculi sensoriali, bare anticipate. Sono già morti. I  ritornanti, invece, sono autentici vampiri che succhiano la linfa dalla società, senza cedere mai il passo alle nuove generazioni. Devono essere fermati. Se riusciamo a entrare nell'azienda dei cloni...
Alex scosse la testa - Vuoi compiere un gesto eclatante? Come quello contro i raeliani?
- No. Questa volta voglio distruggere tutto.
Una forte vibrazione scosse il locale, interrompendo ogni gozzoviglia. Il barman saettò impazzito da un estremo all'altro del bancone.
- Sono le autorità - gridò concitato, con la voce stridula sintetica - stanno scendendo con un raptor.
- Cosa diavolo è un raptor? - chiese Alex.
Oscar afferrò il suo amico per il bavero e lo strattonò giù dal trespolo - Un elicottero d'assalto: un prodotto dei tiplerianisti. Scappiamo.
Uscirono correndo dal bar, pensando di svignarsela. Il grosso velivolo toccò il suolo in mezzo alla via, sollevando una spessa nube di polvere. Laser indagatori bucarono l'aria tutt'intorno e l'altoparlante intimò loro di fermarsi. Tentarono la fuga in direzione opposta, ma la strada gli fu sbarrata da due energumeni in tenuta da sommossa, sbucati da chissà dove, che non ebbero alcuna difficoltà a bloccarli e trarli in arresto. Furono portati a bordo del raptor e condotti altrove. Non ebbero spiegazioni sino all'arrivo.
L'androide che li precedeva, stringeva saldamente il loro guinzaglio, inviandogli direttamente nella corteccia cerebrale sensazioni di pace e arrendevolezza, così che perdessero ogni desiderio di fuga. Nel salone dove furono condotti era un via vai di tecnici e robot che lavoravano incessantemente. Nella sede della Procura della capitale, in quei giorni tutto stava venendo rinnovato.
Una donna andò loro incontro. Aveva più l'aspetto di un androide che di un umano.
- Sono il nuovo procuratore, Sara Anastasi. Vi ringrazio per esservi fatti catturare facilmente.
Oscar osservò il suo incedere altezzoso - Avrei dovuto immaginarlo: è tipico dei tiplerianisti raggiungere le posizioni di potere e reprimere gli altri culti.
Alex si stava abituando al torpore indotto dal guinzaglio, ma trovò comunque la sfrontatezza di commentare.
- Non c'è un filo di umano in ciò che vedo, solo una deformazione demoniaca, un abominio.
Il procuratore si accarezzò con un dito il disegno arabescato che le scendeva sulla fronte, sulle guance e giù fino al collo e dove il vestito di seta immacolato non lasciava più guardare. Non aveva capelli, la testa era fasciata delicatamente da una stoffa rossa, fermata ai lati con degli apparecchi acustici rotondi, che sfoggiava al posto delle orecchie. Era pallida, tanto da sembrare un manichino di gesso e negli occhi non c'erano pupille, ma un vuoto lattiginoso penetrante.
Ignorò il commento del prete.
- Cosa stavate architettando? Vi conosciamo di fama, dalla vostra fedina penale. Oscar, stai mettendo insieme una squadra di terroristi? Ti dai ancora al sabotaggio?
- Questo è un sopruso - si lamentò lui - ce ne andavamo per i fatti nostri.
- Inutili contestazioni. Seguiamo da un pezzo i tuoi spostamenti nella rete degli accumulatori, per capire cos'hai in mente. La tua corsa finisce qui, nella capitale. Vi offriremo vitto e alloggio fino al processo. Portateli via.
Non ebbero modo di replicare, l'androide tirò il guinzaglio e li condusse altrove.
La cella era spaziosa, ma era una vera e propria bara in muratura, seppellita all'altezza delle fogne. Avevano un compagno di cella, che se ne stava zitto in un angolo, ad armeggiare con qualcosa.
- Ti stavano seguendo? - chiese Alex - erano appresso a te, non a me. Mi hanno arrestato per colpa tua - si gettò su di una branda - ma com'è che ti spiavano?
- Deve avermi tradito qualcuno.
- Se non sbaglio gli accumulatori sono dei supercomputer ibridi, parte chip elettronici, parte cervelli umani ipersviluppati. Ho sentito dire che avrebbero una coscienza propria. Non è che per caso sono stati loro a denunciarti? Hai lasciato informazioni nelle loro banche dati, dì la verità. E adesso che facciamo? Un buco nel muro?
- Non nel muro - fu il compagno di cella a intervenire - nella rete.
Il prete scattò in piedi e lo squadrò severo - E tu chi saresti? Ma guardati: metà della tua faccia ha un circuito tatuato. Cos'è? Un processore epidermico? Sei un tiplerianista, vero? Che il diavolo ti porti.
- Nient'affatto - rispose - i tiplerianisti credono, che una volta morti, verranno resuscitati dalla tecnologia futura. E non solo loro, ma tutte le persone esistite in ogni tempo. E che tutti insieme formeranno una supercoscienza cosmica: un dio.
- Però anche tu adoperi la tecnologia per modificare il tuo corpo, per aumentarne le prestazioni. Come tutti gli invasati dei nuovi culti.
- Si chiama transumanesimo. Applicare la tecnologia al corpo umano per migliorare la qualità della vita ed estenderne la durata. Non è un culto. Io sono transumanista, come i tiplerianisti, ma al contrario di loro non credo nella resurrezione. Per la cronaca, il mio nome è Carlo.
- Di quale confessione sei?
- Sono ateo.
Alex lanciò un'esclamazione d'orrore e si ritrasse nella branda.
- Un momento - intervenne Oscar - hai detto che possiamo fare un buco nella rete. Come?
- Ho con me gli strumenti che porto impiantati nel mio corpo, ciò che per legge non possono estirparmi. Ciò che fa parte della mia umanità aumentata.
- Però le prigioni sono schermate. Non riusciremo a raggiungere nessuna rete telematica.
- Sciocchezze - rispose brusco - ci sono reti non convenzionali non schermabili. Come quella rappresentata dall'insieme del genere umano. Il corpo di ogni persona può fare da centralina e ripetitore, se viene utilizzato il segnale opportuno. Ogni risorsa artificiale, presente nei corpi dei transumanisti e dei cyborg, può essere impiegata come un elaboratore. Mi occupo di questa nuova scienza da anni. Sto tentando un'evasione, siete interessati?
- Come faremo a evadere? - chiese Alex, dubbioso.
- Commettendo i crimini che si aspettano possano essere commessi solo da noi. Avremo un ottimo alibi, perché nel frattempo saremo chiusi qui dentro. Saranno costretti a lasciarci andare, come estranei ai fatti.
I tre si radunarono al centro della cella. Carlo li invitò a sedere a terra e con la punta delle dita si sfiorò il tatuaggio in faccia, avviando dei processi segreti.
- Tu, con quelle unghie che porti farai da ponte tra di noi.
Alex sospirò, arrendendosi al contatto invasivo di Oscar, permettendogli di arrivare sotto la sua pelle.
- Non ci siamo solo noi in questa prigione - continuò Carlo - possiamo raggiungere le guardie e gli altri detenuti, che faranno da ponte con l'esterno attraverso l'etere, in barba alle schermature. Vi assicuro che funziona, ho già provato, ma con me solo il segnale era debole. In tre arriveremo ovunque.
In principio ci fu solo il silenzio. Poi un torrente di sensazioni li avvolse, percepirono sempre più presenze, come se fossero lì con loro, nella medesima cella.
Alex si guardò intorno, vedeva fantasmi.
- Stiamo ricevendo segnali dalle persone, sotto forma di auree - disse Carlo - ci sembra di scorgerle, ma appena ci saremo abituati saranno solo dati e allora avremo pieni poteri su di essi.
- Cos'hai in mente? - chiese Alex - Quale sarà il tuo crimine?
Carlo non trattenne una risata - Il vantaggio di questo mezzo di comunicazione è che nessuno si aspetta di doverlo filtrare: perlopiù è ancora sconosciuto. Con questa tecnica è possibile trasferire dati ovunque giunga il corpo umano con cui ci si connette. E passarli a un elaboratore tramite qualunque interfaccia uomo macchina. Senza che la maggior parte dei firewall si accorga di nulla. Io sono stato accusato di furto di dati riservati, inerenti alcune attività della procura. Prima che mi sbattessero qui dentro ho scoperto che si trattava di attività illecite. Se da qui riuscissi a pubblicare quei documenti su qualche notiziario indipendente, finiranno per forza per pensare che non sia stato io a rubarli. E dovranno dichiararli falsi per non accusarsi da soli e di conseguenza il reato di furto sarà archiviato. Voi, invece?
Oscar fissò Alex per un momento. Questi tacque.
- Cloni. Vogliamo distruggerne quanti più possibile.
- Dove?
- Ovunque.
Carlo rise di nuovo - Credo di potervi aiutare. Possiamo accedere alle interfacce elettroniche per il download della mente nei cervelli clonati. Però ci sono due tipi di cloni: quelli che camminano per le strade e quelli che aspettano nelle incubatrici di essere attivati dai loro legittimi proprietari. A quali siete interessati?
- Non esistono legittimi proprietari - contestò Oscar - solo ladri di esistenze. Vivono sottraendo occasioni alle nuove generazioni. Gli antenati non possono tornare a esistere. Ritornanti, tiplerianisti: pazzi visionari che costruiscono una civiltà di mostri, di zombi alimentati da una tecnologia usata nel modo sbagliato.
- Non sono del tutto d'accordo, ma non starò a sindacare. Ciò che conta ora è uscire di qui. Mi par di capire che volete portare un attacco su vasta scala. Ma dovete pur avere delle armi nascoste da qualche parte. Un qualche virus.
Alex guardò Oscar, anche lui era all'oscuro dei suoi piani.
- Tu lascia fare. Occupati dei tuoi documenti.
Il carcere si aprì attraverso l'etere per far entrare decine, centinaia di individui, come se venissero catturati dal centro di gravità della loro cella. Le persone divennero così tante che lo spazio non bastò più e finirono pigiate, schiacciate, fino a perdere forma e fondersi assieme, trasformandosi in un fiume di pura informazione digitale. L'umanità divenne la rete, con indirizzi, protocolli e codici. Non c'erano più umani, cristiani, musulmani, atei, maestri zen, militanti transumanisti, tiplerianisti, clonati, ma template, script e linguaggi informatici riconoscibili. Alex e Oscar presero coscienza della velocità con cui entravano in contatto con i loro obiettivi e di con quanta facilità potevano leggere dentro di loro. Avrebbero distrutto tutti i cloni: un'occasione fantastica.
C'era una bipersona: due corpi strettamente connessi tra loro fisiologicamente e mentalmente, come due computer che condividevano tutte le risorse. Marito e moglie, uniti nella vita e nel corpo. Se qualcuno li avesse visti, avrebbe detto che dormivano abbracciati in uno strano baccello, aggrappato a una pianta che li aveva generati, come due grossi fagioli gemelli. Ma era una macchina che veicolava fluidi vitali e segnali nervosi, aumentando le loro prestazioni psicofisiche. Oscar li contattò. Loro avvertirono immediatamente l'anomalia rappresentata dalla sua intromissione nel sistema di coppia. Sembrava distinguessero la tecnica con cui trasmetteva il segnale, ma era naturale, visto che in parte comunicavano tra loro con protocolli analoghi. Erano transumanisti che adoperavano tecnologie ultra avanzate, meglio se Alex non li conosceva.
La bipersona gli chiese spiegazioni sugli strumenti che stava utilizzando. Oscar disse che non c'era tempo per le chiacchiere, dovevano agire adesso. Domandò se il morbo informatico fosse pronto.
- Sì, è pronto da ieri. Deve essere inoculato direttamente nella parte sintetica del cervelletto, perché il codice informatico venga tradotto in RNA e vada a sintetizzare gli agenti patogeni che entreranno nel circolo sanguigno del clone. Ancora non abbiamo idea di come distribuirlo senza iniettarlo di persona, fisicamente, in ogni clone.
- A questo ci penserò io. Poi ti spiego, quando esco.
- Che? Ti hanno arrestato? Ok, è assurdo, ma va bene lo stesso. Puoi raggiungere un numero sufficiente di cloni? Perché se ne parli nei notiziari di tutta la rete globale, intendo.
- Alex?
- Ci sono. Ehi, Oscar, lo sai quanti cloni riesco a contare? Se quella merda del morbo funziona, sarà un'ecatombe. Cazzo, non sapevo ce ne fossero così tanti in circolazione!
- Nemmeno io pensavo che quest'operazione avrebbe avuto sviluppi così interessanti.
- Tutto merito mio - s'intromise Carlo, sghignazzando.
- Merito del mio iniettore, invece, ve ne accorgerete. L'ho progettato studiando documenti rubati, contenenti specifiche sull'uploading cerebrale. Con il mio iniettore si può caricare qualsiasi cosa in un cervello preposto a ospitare dati biologici digitalizzati.
Oscar estrasse da un accumulatore il suo gioiellino, l'iniettore, dove l'aveva nascosto. Il grosso cervello ibrido fu distratto per un nanosecondo da quella strana operazione. Reagì rilasciando endorfine, riprendendo con più energia il lavoro di routine.
- Ora ho capito - disse Carlo - organismi biologici tradotti in dati informatici e ritrasmessi nei circuiti cyborg per poter essere riassemblati proteicamente. Stupefacente.
- Per la precisione, l'interfaccia nel cervelletto stimola la produzione di sinapsi nelle cellule, ossia interconnessioni fra neuroni. Il morbo ha una base proteica simile a quelle delle sinapsi, quindi è perfettamente interpretabile dall'interfaccia. Agiremo ora. Finché non si accorgono di nulla diffonderemo quante più copie possibile del morbo.
La bipersona prese il morbo da un database e lo assorbì nelle sue carni, trasmettendolo via etere a Oscar, pronto a incanalarlo in un istante nell'iniettore recuperato dalla rete.
Alex mise a disposizione una cavia, tra i cloni che aveva appena censito. Carlo aiutò i complici a identificare l'ingresso al cervelletto della vittima, un clone vivente.
Il contenuto della siringa fu rilasciato con violenza nell'interfaccia. Rimasero in attesa. L'adrenalina prodotta dalla tensione era visibile, sotto forma di rumore elettrico. Dopo pochi minuti il contatto con il clone venne meno e non riuscirono più a ristabilirlo. Presumibilmente era deceduto. L'assassinio del vampiro era compiuto. Non persero tempo in complimenti e ricaricarono velocemente l'iniettore, per sparare il morbo in ogni singolo clone raggiungibile della lista di Alex. Non si fecero sfuggire la clinica dove i ritornanti venivano prodotti. Li videro nelle loro incubatrici, in fila, come bistecche al supermercato. L'iniettore entrò in funzionamento automatico.
Alex si lasciò prendere da una furia incontenibile e, entrando in crisi estatica, si mise a recitare alcuni salmi dell'Apocalisse.
Portare i pasti era compito di un robot. Passò più di un giorno prima che anima viva si presentasse nella cella. Tre guardie corpulente avanzarono compatte, pronte a bloccare ogni eventuale riottosità dei carcerati. Dietro di loro comparve il procuratore Anastasi, con un'espressione stravolta sul volto. Il suo pallore mortuario era ingrigito, come se risentisse dello stato d'animo. Fuori doveva essere il caos.
I tre si alzarono dal pavimento, dove si erano radunati preparando un nuovo viaggio nella rete dei corpi umani.
- Sono venuta a comunicarvi - sentenziò il procuratore - che l'indagine sul terrorismo in atto nella capitale si è allargata a macchia d'olio. Voi tutti sarete trattenuti ancora a lungo. Oggi sarete ascoltati dal magistrato incaricato. È stata formalizzata un'accusa di complicità in terrorismo contro di voi. Scopriremo cosa ha spazzato via metà dei ritornanti della regione, ci potete scommettere.
Detto questo si ritirò assieme alle guardie, lasciandoli di nuovo nel loro isolamento.
- Non è andata come pensavo. Secondo me è incazzata per via dello sputtanamento mediatico. Colpa mia - disse Carlo.
- E tu credi sia solo per via di quegli stupidi documenti riservati che hai rubato? Dai, non scherzare, là fuori è pieno di cadaveri - rispose Oscar.
- Non abbastanza pieno - contestò Alex - avremmo dovuto colpire tutti, anche i transumanisti!
- Ehi, io sono transumanista - protestò Carlo.
- Vaffanculo!
- Per la verità, Alex, anch'io sono transumanista. Tanto vale che te ne faccia una ragione.
- Andatevene tutti all'inferno! - esclamò esasperato, gettandosi sulla branda e voltandosi contro il muro per isolarsi.

 

Fine

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