Racconto vincitore Primo Concorso di composizione narrativa cyberpunk indetto da Cp2020 PBEM:

kt3Nota dell'autore: Kshitigarbha, in giapponese jizô, è uno dei Bodhisattva (reincarnazioni del Buddha) più popolari. Aiuta i viaggiatori e viene invocato per i bambini morti e per salvare le anime dei peccatori dall'inferno. Viene raffigurato come un monaco dotato di una gemma verde che esaudisce i desideri ed un bastone con 6 anelli, rappresentanti i sei modi dell'esistenza ed i sei modi d'azione per raggiungere l'illuminazione. A volta è identificato con una precisa serie d'elementi che si annullano vicendevolmente (come nel brano che accompagna il racconto).

 

   

 

Indice

 

1° Manifestazione - il Topo                                                                           1

2° Manifestazione - il Gatto                                                                          1

3° Manifestazione - il Cane                                                                           2

4° Manifestazione - il Lupo                                                                           3

5° Manifestazione - il Fuoco                                                                         4

6° Manifestazione - l'Acqua                                                                          4

Prologo - l'Uomo [incipit]                                                                                5

Epilogo - il Jizô                                                                                                6

 

 

 

 

{mospagebreak} 

1° Manifestazione - il Topo

 

Sei piccoli jizô siedono sotto al ponte.

Ed ecco che arriva il topo, e rosicchia le loro testoline.

Il topo, è lui il vero jizô!

 

L'eliporto è vuoto. Dove cazzo è finito quel maledetto AV? Senza di quello non ci sono possibilità d'andarsene. Si siede a terra, spalle al parapetto, col fiato corto. Ogni respiro è un dolore lancinante. Si accorge, all'improvviso, di non essere più solo.

< Non vorrai mica andartene? C'è ancora quella questione della tabacchiera...>

Daijiro alza lo sguardo. L'uomo col fucile è lì, a dieci metri da lui: sembra divertito dalla situazione e tiene l'arma abbassata. Daijiro non perde tempo: prima di alzarsi tira fuori la pistola dalla tasca e la punta verso l'uomo. Questo sembra stupito del fatto che ora ne abbia una. Mentre l'altro resta immobile, si rialza tenendolo sotto tiro col revolver.

Daijiro sta a malapena in piedi: ad ogni respiro sente una specie di sibilo, forse una costola gli ha forato un polmone. La cyberottica rotta continua a mostrare disturbi elettromagnetici, ed il cyberbraccio risponde in modo irregolare. La gamba ferita pulsa come impazzita: la scheggia è un ago rovente nelle carni. L'uomo di fronte a lui, mentre Daijiro gli mira la testa, sembra essersi reso conto di aver sbagliato a non sparare subito.

< Hippie hi ho, figlio di puttana > dice Daijiro, tenendo la pistola.

< Click! > dice la pistola.

Daijiro si butta di lato, dietro il sostegno di una gru, mentre un torrente di fuoco distrugge il parapetto. La pistola scarica! Cazzo! Si era ritrovato con la pistola scarica! Si accorge che un colpo gli ha trapassato l'avambraccio: quello in carne ed ossa, non quello metallico. Daijiro stringe la katana, cercando di attivare ancora una volta l'antidolorifico e l'acceleratore di riflessi. Intanto il biomonitor lampeggia e suona come impazzito: sangue scuro, emicrania, difficoltà motorie, freddo. Tutti i primi sintomi della morte.

L'uomo con il fucile avanza verso la colonna, Daijiro lo sente. Cerca di fare un respiro profondo, e di capire come ha potuto cacciarsi in un guaio simile...

 

 

2° Manifestazione - il Gatto

 

Sei topi jizô vengono acciuffati dal gatto.

Il gatto, è lui il vero jizô!

 

La testa della donna esplode in una nuvola di schegge d'ossa, materia grigia e liquidi organici: il corpo decapitato cade a terra come quello di una marionetta coi fili tagliati, disegnando ampi petali di sangue sul pavimento.

L'altro colpo d'un revolver di grosso calibro distrugge il vaso di una pianta di plastica a pochi cm dalle gambe di Daijiro, che sporge il braccio in carne ed ossa e fa fuoco. Un urlo sommesso gli fa capire di aver centrato il bersaglio. Non appena il loro rumore di altri due colpi si perde nella hall, balza in avanti con uno scatto impressionante, merito del cuore potenziato. Le pallottole mordono il granito dietro i suoi piedi, finchè non si tuffa nella tromba delle scale.

Resta immobile per un istante, cercando di udire cosa succede nella sala che ha appena lasciato. Un inquietante silenzio gli suggerisce di dare una sbirciata. Un booster tutto cromato, alto quasi due metri, sta puntando verso le scale un cyberbraccio sovietico, fornito di lanciarazzi da polso.

Daijiro si butta a capofitto verso l'alto: un missile colpisce la rampa ed intorno a lui il mondo esplode. L'onda d'urto lo scaraventa al piano superiore contro un muro, e lo fa cadere per terra con un tonfo mozzandogli il fiato. La scala è uno spazio impolverato ed in procinto di crollare.

Daijiro si alza, vincendo dove neanche l'antidolorifico serve più, ed arranca fino ad una piccola centralina di controllo. Ha una scheggia di legno lunga 30 cm nella gamba destra, che disegna un'ampia ferita slabbrata. Le costole gli si sono rotte definitivamente, ed una cyberottica è del tutto andata. Gli spinotti però sembrano ancora funzionare bene. Armeggia coi cavi, impiastricciandoli di sangue, per collegarli alla presa nella cybermano ed all'attacco sul muro. Finalmente, la cyberottica ancora funzionante si allinea con la schermata d'identificazione. Il codice, serve il codice.

Daijiro si sente mancare, ma tiene duro. C'è il fottuto codice da inserire. Prende un profondo respiro, e digita qualcosa sulla tastiera all'avambraccio. La schermata cambia colore, dal rosso ad un verde acceso, e lui blocca tutte le porte d'accesso tra i piani e le scale. Sente le grida dei booster che picchiano contro il muro semovente d'acciaio. Qualche colpo d'arma da fuoco, poi pesanti passi. Con un altro comando, attiva le postazioni automatiche di sicurezza del pianoterra. Sale il più velocemente possibile sulle scale, mentre il crepitio delle mitragliatrici gli fa da colonna sonora. Deve salire fino al terrazzo, all'unica porta non tagliata fuori dal sistema di isolamento d'emergenza, dove dovrebbe esserci l'AV della compagnia.

Le scale sembrano infinite, anche quando l'acceleratore di riflessi si spegne ed il tempo ricomincia a scorrere. Alla fine dell'interminabile salita, trova la porta del terrazzo. Si butta all'esterno, e ode il suono di parecchie sirene. Si avvicina al bordo del tetto, e vede una dozzina di furgoni delle milizie corporative con il relativo equipaggio che hanno ormai sterminato i booster. A momenti bypasseranno il sistema d'allarme e potranno salire.

L'AV della compagnia. Daijiro se l'è quasi dimenticato. Si volta e far per salire sulla rampa dell'eliporto. Si ferma interdetto guardando di fronte a sè. L'AV non c'è.

{mospagebreak}

 

 

3° Manifestazione - il Cane

 

Sei gatti jizô vengono rincorsi dal cane.

Il cane, è lui il vero jizô!

 

Mr. Pondsmith, mentre il tempo si ferma, tiene puntato il fucile d'assalto verso Daijiro.

L'uno ha lineamenti asiatici, vestiti di lusso bruciacchiati e rotti, macchie di sangue sparse ed una minacciosa katana nel cyberbraccio. L'altro ha un comune volto caucasico, un grosso fucile d'assalto nero, i piedi nudi fasciati ed insanguinati, vecchi pantaloni e canottiera, tutto sporco di sangue e fuliggine. Nella luce bianca di una lampada al sodio le cyberottiche del primo brillano, lo sguardo del secondo è semi-abbassato per colpa di uno zigomo spaccato.

< Hippie hi ho, figlio di puttana > dice l'uomo con il fucile.

< BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM!BLAM! > dice il fucile.

La mira dei primi colpi è imprecisa ed i proiettili sfondano il pavimento. Daijiro è già per metà fuori dalla porta. Il resto della raffica distrugge completamente l'uscita dall'ufficio, facendo crollare polvere e calcinacci. Nel tempo bloccato dall'acceleratore di riflessi, Daijiro urta con la schiena il muro a lato, schermandosi con l'angolo del corridoio. Un rumore secco e metallico indica che è finito l'intero caricatore, mentre dell'acqua proveniente da un acquario scorre per terra e pesci esotici si dibattono in uno spazio sempre più angusto.

Prima ancora che l'eco degli spari cessi, Daijiro è già carponi nel corridoio. Percorre i primi dieci passi in un tempo interminabile. All'undicesimo, a metà del corridoio, i proiettili ricominciano a volargli attorno come vespe impazzite. Si fionda a lato, nell'ascensore aperto, e pigia freneticamente il bottone. Mentre l'ascensore riparte, sente esplodere qualche altro colpo, ormai lontano.

Nella luce giallastra della lampada, si guarda allo specchio. Un buco nerastro e slabbrato fà mostra di sè sulla spalla destra. Solleva la manica, scoprendo la ferita. Un colpo, entrato ed uscito, esattamente all'aggancio del cyberbraccio. La carne è rimasta scoperta, ed un paio di fili rotti sporgono dall'intelaiatura.

Con una smorfia preoccupata, Daijiro disattiva l'antidolorifico. Il dolore lo colpisce come un martello. Le gambe gli cedono, e si accascia a terra. Dà un'ulteriore occhiata alla ferita poi, con uno sforzo sovrumano, si rialza e si costringe a restare diritto. Dopo aver ancora controllato la ferita, riattiva l'antidolorifico. Nel frattempo le porte dell'ascensore si aprono.

Daijiro si avventura fuori.

L'hall del palazzo è un carnaio. Due booster stanno inseguendo una segretaria rimasta indietro urlando oscenità mentre gli altri, all'esterno del palazzo, sparano sulla folla in fuga. Due guardie crivellate di colpi giacciono vicino alla porta a vetri. Idioti: le milizia corporative arriveranno a breve, e vi stermineranno.

Daijiro balza verso i due booster evitando la donna. Con un unico, ampio fendente, stacco il braccio cromato del primo di netto: il colpo di ritorno gli recide la carotide e lo fa crollare a terra in una pozza di sangue. Il secondo estrae un polimero a colpo singolo. Daijiro colpisce orizzontalmente, tagliando a metà la pistola, la mano e parte dell'avambraccio del booster.

Raccoglie il pesante revolver di metallo del primo e, mentre si volta per tornare alle scale, urla alla donna di seguirlo...

{mospagebreak}

 

 

4° Manifestazione - il Lupo

 

Sei cani jizô vengono mangiati dal lupo.

Il lupo, è lui il vero jizô!

 

Daijiro si rotola per spegnere le fiamme e si rialza mugugnando: il botto, oltre a distruggere il suo vestito nuovo ed incrinargli due costole, ha danneggiato lievemente una cyberottica: l'immagine salta e mostra dei drop. Il biomonitor non segnala altri danni. Con un grugnito Daijiro attiva l'antidolorifico. Sente un piacevole formicolio diffondersi per il corpo... nel giro di un minuto si sente come nuovo.

Qualcosa di grosso sta succedendo. Rientra nello stanzino e dà un'occhiata in giro: era una specie di bomba incendiaria. Fatta artigianalmente per giunta. Possibile che anche dalle altre parti...

A questo punto è inutile continuare a cercare quà e là: bisogna iniziare a muoversi, fare la prima mossa. Richiama dalla RAM la mappa del palazzo. Deve andare a trovare quel figlio di puttana che lo ha messo nei casini, e se vuole cavarsela lo deve trovare in fretta, prima che arrivino gli sbirri o qualcun altro della corporazione.

Resta con lo sguardo sospeso nel vuoto, controllando metodicamente una mappa in highlight che solo lui può vedere. Guarda una per una le piccole fiammelle che indicano gli incendi. Ruota la mappa di 360°, e la estrapola in 3D. Dove può andare?

Un lampo improvviso gli attraversa la mente. L'ufficio. L'ufficio dove si sono incontrati. Il suo ufficio. Non può che essere lì.

Le scale sono solo un circuito elettrico impazzito, e Daijiro le sale con la velocità di un fotone. L'acceleratore di riflessi che ha attivato distorce ogni sensazione, e lo fa sentire come in una specie di vortice rallentato. La porta si staglia di fronte a lui, della luce filtra dai suoi bordi e ne evidenzia il contorno. Afferra la maniglia della porta ed ascolta per quella che sembra un'eternità. Dal di là alcun suono. Apre la porta e si trova di fronte alla morte, incarnata in un fucile spianato.

{mospagebreak}

 

 

5° Manifestazione - il Fuoco

 

Sei lupi jizô bruciano nel fuoco.

Il fuoco, il fuoco...

Il fuoco è il vero jizô!

 

<...DRIN-DRIN-DRIN-DRIN-DRIN...>: l'allarme antincendio.

Daijiro s'interrompe a mezz'aria, la katana in mano, i due energumeni immobili vicino alla porta rossa. Che cosa sta succedendo? Allunga il braccio e raggiunge una piastra a pressione con la cybermano. Il collegamento neurale, dopo aver inserito i codici d'accesso, lo mette in contatto con il sistema attivo nel palazzo. Ci sono focolai d'incendio in alcune zone. Una cosa assolutamente non prevista. Si muove con rapidità, mentre il ‘runner moribondo lo osserva con occhio vacuo.

< Tornerò >, lo rassicura Daijiro.

Richiama sulla cyberottica la mappa del palazzo, e si muove per la via più breve verso uno dei focolai d'incendio. Conosce i procedimenti standard di sicurezza della corporazione, e sa che in questo caso il personale civile abbandona l'edificio immediatamente. Non riesce a capire a cosa serve questa mossa, è imprevista e non riesce a comprenderla. Essere sottile nei propri piani fino all'insensatezza La massima di Sun Tzu gli attraversa in un istante il cervello, e Daijiro non può fare a meno di provare un brivido.

In meno di tre minuti è sul posto più vicino indicato dall'allarme, senza incontrare nemmeno una guardia. Probabilmente si sono recate in basso, per spegnere manualmente i focolai nelle sale sotterranee dei computer. Chi ha acceso i fuochi conosce le procedure Mishima sulla protezione dei server e della Rete. Questi sono in contenitori ignifughi e stagni, dotati di sistema di raffreddamento ad azoto liquido. Non vi è antincendio a pioggia, ma un sistema a CO2 ad attivazione manuale.

La stanza da cui proviene l'allarme è uno sgabuzzino per le scope. Da sotto la porta viene un leggero filo di fumo. L'antincendio non è scattato. Daijiro pensa che in questo momento non gli spiacerebbe avere un amplificatore olfattivo e dei buoni filtri nasali. Disattiva i recettori termici della cybermano, fa un ampio respiro ed apre la porta rovente.

Un fumo caldo e pestilenziale lo avvolge, l'odore di polimeri ed idrocarburi in fiamme gli riempie le narici mentre cerca di non respirare. All'interno della stanza un cestino per le cartacce è in fiamme, forse incendiato con della benzina. Con un calcio Daijiro lo ribalta, svuotandolo e disperdendo oggetti accesi per lo sgabuzzino. Inizia a calpestarli, spegnendone alcuni. Proprio quando la mancanza d'aria inizia a farsi sentire dà un pestone su qualcosa di particolarmente solido. Se ne accorge all'istante: è metallico e cilindrico. Qualcosa collegato ad un altro oggetto che non riesce a rilevare. Non fa in tempo a provare un brivido che il piede termina la traiettoria spaccando il cilindro, ed il tallone raggiunge il terreno.

Prima ancora di sentire l'ondata rovente avvilupparlo, Daijiro si rende conto di aver pestato una trappola esplosiva. Lo scoppio lo scaraventa fuori dalla porta, in fiamme.

 

 

6° Manifestazione - l'Acqua

 

Sei fuochi jizô vengono estinti dall'acqua.

L'acqua, l'acqua ...

L'acqua è il vero jizô!

 

Mike Pondsmith viene portato fuori dalla stanza da Ichiro e Golia. Daijiro sente il traditore, mentre lo trascinano via, dire qualcosa.

< Sei un maledetto mostro!!! Figlio di puttana!!! Mi hai sentito stronzo!?! Ti ammazzerò!!! >

Mostro. Si ricorda quando è stata l'ultima volta che lo hanno chiamato così. Era rimasto per una dozzina d'anni con una banda di Nomadi, che lo aveva accolto come membro del branco. Vi si era unito quando suo padre aveva fallito nel proteggere il suo tòno, e lui se ne era andato per ristabilire l'onore della famiglia. Una notte, finendo le indagini che aveva portato avanti di nascosto per anni, aveva trovato le prove che suo padre era stato tradito. Si era recato dai suoi compagni di branco per raccontargli chi era davvero e per sistemare i conti con quella vita. Li aveva sterminati tutti quanti. Gli ultimi due lo avevano chiamato "mostro spietato" e Daijiro, mentre gli dava il colpo di grazia, sapeva che era vero. Era mostruoso come il cuore di un samurai. Loro non avrebbero mai potuto capire. Si era tolto il cyberbraccio economico che aveva implantato e rimossa la bioscultura camuffante; senza più legami con la sua vita da nomade era tornato al giusto posto, nel suo vero clan, nella famiglia cui aveva ristabilito l'onore. I Takeda.

Daijiro si versa un bicchiere d'acqua ed osserva il suo pesce faraglione nuotare nell'ampio acquario nel muro a lato dell'ingresso, attorniato dalle sue compagne. Con due profondi respiri riporta sotto controllo i ricordi.

Torna con la mente al presente, al gruppetto di ladri e traditori che ha smascherato. Rubare in questo modo, e proprio mentre lui era lì. Gaijin. Erano stati decisamente stupidi. Daijiro apprezza l'ardimento ed il coraggio, ed a volte anche l'incoscienza. Ma la stupidità no.

Apre la porta scorrevole di carta di riso e passeggia fino in fondo al corridoio. Apre un'altra porta, questa volta antincendio e rossa. Dietro, in un piccolo sgabuzzino senza uscite, due scagnozzi della corporazione stanno brutalmente malmenando un uomo. Gli hanno strappato gli spinotti neurali dalle tempie con delle pinze e la faccia è ormai irriconoscibile, una maschera di sangue. Probabilmente ha anche qualche arto rotto, ma ormai non ha importanza. Daijiro si avvicina con passo fermo, mentre il netrunner mugugna qualcosa d'incomprensibile con la bocca tumefatta.

Daijiro si avvicina alle spalle del traditore per cogliere meglio le sue parole stentate. Sei un... ...maledetto... ...bastardo. Daijiro sorride. Naturalmente. Cosa altro avrebbe potuto dire? Era inutile, non avrebbero mai capito nulla. Molti in giappone pensavano agli occidentali come dei modelli da imitare o come degli esseri inferiori, ma la verità Daijiro la intuiva. Erano semplicemente diversi, e loro non comprendevano come la compassione e la crudeltà, la vita e la morte s'intrecciavano strettamente. Erano troppo attaccati a questa vita, troppo legati agli opposti ed ai contrasti. Per questo erano così prevedibili.

Fece cenno ai due uomini della corporazione, Harada e Tetsuo, di mettersi vicino alla porta. Si portò davanti al prigioniero, sfoderando la katana. Gli avrebbe tributato un onore per il suo coraggio, anche se forse era solo stata incoscienza, con la morte degna di un guerriero.

Alzò la katana portandola in alto per uno zanbatò, il colpo che la sua famiglia si tramandava da generazioni...

{mospagebreak}

 

 

Prologo - l'Uomo

 

Sei jizô d'acqua vengono bevuti da un uomo.

L'uomo, l'uomo...

L'uomo è il vero jizô!

 

Solleva lo sguardo dal terminale e glielo poggia addosso. E' freddo nonostante il sorriso accennato. Sente un brivido percorrere la schiena, vertebra dopo vertebra, come un'auto con ruote di ghiaccio lanciata sull'autostrada della sua colonna vertebrale.

< Pare che il Suo amico non sia poi così in gamba come crede > dice, con quel suo accento giapponese pseudo-americano maturato all'università', e quella voce che sembra un concerto di campanelle mortuarie per un funerale.

< Nel paese da cui provengo, alcuni si sarebbero accontentati di un dito...la prima volta >

Si alza in piedi, lento ma agile. Non e' più alto dell'altro, ma il suo abito vale più di quanto l'altro possa guadagnare in tutta la sua vita. Appoggia le mani al tavolo d'acero rivestito, si porge in avanti, il suo profumo va a quelle narici rovinate ed abituate agli odori della strada.

< Ma qui non seguiamo quelle barbare usanze... >

Un urlo sommesso giunge alle orecchie da dietro la leggera porta a scorrimento in carta di riso. Si trattiene dal correre verso la porta e dall'aprirla. È impotente, lo sa. Si obbliga ad essere riflessivo e non precipitoso. Sa qual è la posta in palio.

< Quando avremo finito, Le forniremo una tabacchiera di plastica della nostra azienda. Sarà sufficiente per...i resti >

Manda giù il boccone di merda, e mentre la nausea lo assale china il capo e con aria dimessa e sofferente fa un cenno d'assenso col capo. Ha perso.

< Eccellente > dice, con il tono di chi sta assaporando la vittoria come se avesse un paio di geisha in ginocchio sotto il tavolo da lavoro in acero. Voltandogli mestamente le spalle giura che, prima che la faccenda si sia conclusa, si divertirà a scoprire in quanti posti del suo corpo si può infilare la tabacchiera. Due esseri mastodontici che devono appartenere al genere umano nonostante il loro aspetto...plastico lo afferrano e, quasi di peso, lo mettono nell'ascensore. La porta si chiude, ha ancora quelle urla nelle orecchie, ed inizia la sua discesa verso l'inferno...

 

 

Epilogo - il Jizô

 

Ma se l'uomo è il vero jizô, allora perchè prega?

Perchè leva le sue preghiere ai jizô?

 

Un altro colpo lo distoglie dai suoi pensieri. Il proiettile ha scalfito la colonna che lo separa dalla bocca di un fucile d'assalto, e la sua pistola è scarica. Sembra proprio che questa volta non ce la farà Parte della sua vita gli scorre di fronte agli occhi. Una frase di cui non si ricorda l'autore gli si stampa nella mente:

< Se un fiume vi sbarra il cammino, seppellitela sotto i vostri corpi. Se un castello vi sbarra il cammino, formate coi vostri corpi una montagna altrettanto alta. Siate pronti ad assalire il nemico, anche se i vostri stessi compagni dovranno uccidervi per questo >. Shingen Takeda, il fondatore del suo clan. Era il kantorai, k'aspra dottrina del guerriero, che conduce al sommo onore della morte e che insegna ad avanzare inesorabili e pungenti come l'inverno.

Un altro colpo scheggia la colonna: sembra che Mr. Pondsmith si stia divertendo da matti.

Daijiro a quest'idea sente come un immenso fuoco ribellarsi dentro di lui. Stringe con ambo le mani il manico della katana: il cyberbraccio con una reazione fluida, il braccio in carne ed ossa con tanta forza da sbiancarsi le nocche.

Senza pensarci, si tuffa fuori dalla colonna, verso il nemico ed il suo fucile spianato.

La raffica esplode di fronte a lui. Daijiro urla come un folle, continuando ad avanzare. Il suo primo colpo, esattamente sulla verticale, viene evitato per un soffio da Mike, che si butta di lato smettendo di sparare. Cerca di colpire Daijiro con il calcio del fucile, ma il giapponese si abbassa con un movimento fluido e porta un altro attacco, stavolta orizzontalmente, che l'altro riesce ad evitare solo saltando indietro, verso il bordo del tetto.

Approfittando dal mezzo secondo a disposizione, Pondsmith punta l'arma verso il samurai. Questi, invece di spostarsi al riparo, si accovaccia e salta verso il nemico, più veloce di quanto possa un uomo ferito. Lo zanbatò della scuola di Suiò coglie l'americano alla spalla. Il fucile cade per terra, assieme al braccio destro che ancora lo impugna. Mike Pondsmith perde l'equilibrio, cadendo al di là del parapetto con un'espressione sorpresa sul volto, come se non si fosse ancora accorto di nulla.

Quattro secondi dopo e trenta piani più in basso, il suo involucro di carne s'infrange come un sacchetto bagnato sulla strada.

Daijiro si siede, ed appoggia la schiena. Sente che il suo respiro sta rallentando. A fatica ruota la testa per guardarsi lo stomaco. Tre grossi fori indicano altrettanti proiettili. Deve avere la milza o il fegato spappolato. Ha vinto. Le persone muoiono, ma le azioni restano. Ha fatto il suo dovere, difeso la compagnia ed il suo onore. I suoi discendenti terranno un suo ihai nel tempio di famiglia.

Daijiro si sente sollevare: dev'essere stata questa sensazione di aver compiuto il necessario, quest'idea di completezza, che aveva accompagnato i suoi antenati nella morte. Doveva essere questa qualcosa di vicino all'illuminazione.

Il samurai vive con la morte. È perchè è conscio del suo rapporto con la morte, nel darla e nel riceverla, che egli è in grado di vivere pienamente.

Il mondo svanisce in una dissolvenza in nero.

Log in to comment
Joomla templates by a4joomla