A  A  A   CERCASI VOLONTARI ...

... scrittori disposti a tutto pur di continuare e magari trovare un bellissimo finale per questo nostro mitico racconto.

Tempo fa alcuni di noi iniziarono a scrivere un racconto cyberpunk a 2n mani, senza una trama ben precisa, improvvisando quasi tutto, come in una sessione di jazz moderno.

Ci divertivamo e ne stava uscendo un racconto originale, ma un bel giorno uno strano virus ci ha colpito tutti. La lunga lista di scrittori iniziò a sfoltirsi, fino al raggiungimento della quota zero assoluto.

Ad alcuni di noi piange il cuore vedere questa amata opera incompiuta, ci rendiamo conto che non è semplice, ci vuole molta fantasia e voglia di sperimentare qualcosa di diverso, ci sarà qualcuno tra voi disposto a continuare  la nostra sfida letteraria?

Cosa state aspettando? Forza! Scrivete e inviate il vostro contributo a  Pauline

Prima di inviare il vostro nuovo pezzo controllate sempre che non ci siano già degli aggiornamenti del racconto, grazie.

t2
 

 

Qui di seguito vi sono elencati tutti i partecipanti, ognuno con il proprio/i propri pezzo/i:

 


- Prologo-

Leao

 

- Capitolo 1 -

  • 1. Leao
  • 2. Bally
  • 3. Ceresfero
  • 4. Case
  • 5. Raven
  • 6. Nesky
  • 7. Master
  • 8. Panama
  • 9. Cybertroll
  • 10. Pauline
  • 11. Raven
  • 12. Case
  • 13. Master
  • 14. Nesky
  • 15. Pauline
  • 16. Panama

 


- Capitolo 2 -

 

  • 17. Cybertroll
  • 18. Leao
  • 19. Ceresfero
  • 20. Ran
  • 21. Case
  • 22. Cybertroll
  • 23. Nesky
  • 24. Pauline
  • 25. Stalker (Luigi Rinaldi)
  • 26. Case

 

 

 

Prologo

....cccccCCCCRRRAAAKKKKKkkkk....

Un fulmine rompe il silenzio del deserto, rischiarando innaturalmente il pomeriggio assolato. La scarica elettrica cade a pochi metri dalla strada, annunciando l'inizio di un'altra tempesta. E' un attimo: il vento sferza a 150 km/h, e l'aria si riempie di elettricità.
Il pullman è troppo vecchio per reggere alle raffiche che si fanno velocemente sempre più forti - la gente che viaggia sapeva i rischi che avrebbe corso - e mentre devia, si ribalta, e rotola giù di una duna il grido che si mischia alla furia dell'uragano è più di resa che di paura.
Giù, in basso, fra le lamiere, dopo la furia di una delle tempeste che dominano queste terre desertiche, in pochi sono ancora illesi.....

Capitolo 1

Nel crepuscolo del deserto l'unico rumore era il ritmico rotare delle pale dell'elicottero dei soccorsi; il suo volo radente lasciò un'inequivocabile scia di nuvole di sabbia, l'unica cosa che sembrasse muoversi nella desolata omogeneità dopo la tempesta. Dal portellone laterale due binocoli scrutano le dune - appena formate, cambiano dopo ogni tempesta - in cerca di segni di vita, di segni d'un qualunque genere.
William s'accorse del rumore ancor prima che il suo strumento gli segnalasse qualche movimento: sono anni che vive su quei cosi, dal tempo in cui li usavano per combattere, e il rumore delle pale non è più un problema. Un gatto del deserto partì di corsa da un riflesso metallico verso un gruppo di rocce, mentre una preda tornò a nascondersi sotto la sabbia. La vita ricomincia un'altra volta.
« Laggiù c'è qualcosa, ma non si vede nessuno! » gridò al suo compagno ed al pilota.
L'elicottero iniziò a virare per controllare, i due binocoli scrutarono la zona.
Arrivati Will si calò a terra, leggero come un felino, mentre il veicolo parecchi metri sopra di lui perlustrava a spirale la zona: segni indelebili d'una vita d'addestramenti.
Una leggera brezza rinfrescava l'aria della sera. Will tirò fuori la pala dallo zaino, e iniziò a scavare la sabbia. Rick intanto, sopra di lui, trovò una scia d'impronte, quasi cancellate dal vento - difficile dire quante persone fossero - che s'allontanava incerta dietro le dune più grosse.*1

Non era da molto che era stata segnalata la scomparsa del pulman, e la sabbia non aveva sepolto più di tanto il vecchio veicolo. La pala di Will ci mise poco per cozzare contro una fiancata del pullman.
Una ventina di minuti e parecchie asciugate di fronte dopo, Will riuscì a spostare abbastanza sabbia da permettergli di controllare cosa contenesse la cabina. Dentro c'erano alcuni documenti: la licenza dell'autista, l'assicurazione, la lista dei passeggeri. Erano 20 in tutto.
Rick intanto aveva chiamato rinforzi per tirar fuori del tutto il mezzo dalla sabbia. Dopo un'ora i corpi furono tirati fuori e fu possibile compiere una specie di riconoscimento. I cadaveri erano quindici, praticamente integri: non c'erano segni di bruciature, o altro...
Probabilmente erano morti nell'incidente, ma l'autopsia avrebbe dato informazioni più precise.
Ne mancavano cinque all'appello: due donne di 25 e 30 anni, un uomo di 65 e due di 35 e 31.*2

Stesso luogo, qualche ora prima

"Maledetto vento...finiremo per ribaltarci". Un lampo improvviso, più forte degli altri si abbatte a terra. Il vento aumenta la propria forza come a strappare la pelle metallica del pullman. Poi qualcosa cambia: il pullman si piega troppo, sbanda. La ragazza vede il terreno avvicinarsi sempre di più.
Un rumore sordo, un forte dolore alla tempia sinistra e poi il buio. Prima di svenire afferra forte la sua borsa col deck.
Il tempo scorre molto lentamente o forse tanto veloce da sembrare un'immagine ferma, indistinta. Una luce improvvisa le attraversa gli occhi, vede delle figure indistinte che si muovono su di lei ma è troppo debole per opporre resistenza.
Sonno, dolore, buio.
Sotto la pelle e le ossa il cervello, frenetico e bio-accellerato, comincia a reagire. Lo svegliarsi dal torpore è lento, doloroso. Vede i muri di casa sua, li può toccare ma li sente molli, quasi liquidi. Osserva chiazze rossastre e disegni da lattanti sui muri in basso, come se tanti bambini avessero avuto un pacco di colori nuovi ed il permesso d'imbrattare casa.
Tutto si fa sfocato, solo una figura di spalle è nitida, un bambino scarno. Lei allunga la mano per toccargli la spalla quando quello si gira. I suoi occhi, Mio Dio!, occhi vecchi e stanchi, tristi e traditi. Comincia ad urlare a pieni polmoni la sua paura, la sua angoscia, e si raggomitola in posizione fetale.
Fu il rigido del deck a riportarla alla realtà. Sentì il calore della sabbia inondargli il corpo, capì che i muri liquidi erano i suoi movimenti scomposti sulla sabbia.
"Dove.....? " Si guardò intorno. Era sola! Nessun pullman, nessun soccorso, nessun sopravvissuto. "Non possono averlo fatto, non possono avermi lasciato qui".
Con le lacrime ormai ad impedirle la vista s'alzò in piedi barcollando; meccanicamente, a rilento, si toccò la tempia: sangue secco sporcava l'entrata d'uno spinotto d'interfaccia.
Il sole alto sull'orizzonte scaldava terribilmente l'aria. Shen aprì la sua borsa. Con lentezza e accuratezza estrasse il deck, controllando minuziosamente eventuali rotture o graffi.
"No, nessun danno, grave almeno..." pensò osservando un bozzo all'angolo della base. Estrasse dei cavi di connessione neurale, ne infilò le estremità nel deck.
Prese un cavo nero, piatto e largo, e lo collegò al cellulare satellitare. L'altra estremità, terminante in un grosso ago dentellato, lo connesse allo spinotto sulla tempia.
Fitta di dolore mentre inserì lo spinotto.
"Fanculo, l'urto ha spostato la dentatura". Cominciò a forzare con calma e masochistica pazienza lo spinotto sulla tempia fino a far entrare l'estremità del cavo.
Accese il deck, compose il numero per le emergenze. Dal suo pc arriva la scritta sul Times Square: [Shen][On-Air][Applause]. Un sorriso tirato per l'abitudine alla sua battuta. "Chiamiamo i soccorsi e speriamo non arrivi un'altra tempesta".*3

Se fosse stato un olofilm la ragazza sarebbe stata alta, bella, mezza nuda ed uno dei migliori netrunner, inferiore solo ai protagonisti maschili e dalla parte dei buoni. Ma questa era la realtà, e Shen era bruttina, bassa, grassottella, il tutto senza essere davvero brutta; era anche mediocre come ‘runner: doveva la sua sopravvivenza finora ad un'abbondante dose di culo ed al fatto che aveva avuto l'intelligenza per non ficcarsi in grosse operazioni e non pestare il piede a nessuno.
I soccorsi pubblici sarebbero arrivati; sì, anche se erano fuori dalla città, ma erano lenti. Il Trauma Team invece, assai più rapido, garantiva il suo servizio in quell'area solo ai clienti che possedevano tessere speciali: che davano garanzie di pagamento per tutti gli extra.
I due ragazzi ed il vecchio erano assieme in mezzo alla sabbia. L'uomo anziano stava piangendo: nel pullman c'era il corpo senza vita di sua moglie; lei era morta e lui era illeso, nemmeno un graffio. Per qualche motivo che lui non capiva o non ricordava era stato sbalzato fuori, ed era atterrato sulla sabbia.
I due ragazzi invece erano feriti, anche se non in modo grave: potevano camminare ma sapevano che non sarebbero riusciti ad arrivare a piedi fino alla City, la loro meta; la meta di tutti gli sfigati su quel pullman. Nemmeno i due ragazzi erano particolarmente alti o belli: non sapevano far nulla di particolare, avevano paura e sapevano a malapena tenere una pistola in mano. Erano persone comuni: d'altronde le persone importanti, quelle coi soldi ed i professionisti, non viaggiavano in quel modo. Avrebbero preso il LEV Intercittà oppure un AV-Taxi: era assurdo viaggiare con una reliquia del secolo precedente se avevi i soldi.
"Che stronzata farmi viaggiare su questo catorcio. E secondo loro era più sicuro e segreto che prendere un normale volo di linea! Quel deficiente che ha avuto quest'idea del cazzo lo faccio sbattere fuori dalla corporazione in meno di dieci secondi".
Questi erano i pensieri del corporativo, un bel ragazzo di colore sui 35 anni che ne dimostrava cinque di meno. Quest'idea non gli era mai piaciuta: aveva cominciato ad odiarla già per gli scossoni e la puzza nell'autobus; ora era furioso.
"Come se non bastasse, la mia guardia del corpo è morta. Maledizione! Se non fosse stato per il suo corpo quella scheggia metallica di 30 cm me la sarei presa io. Ora sono da solo, e dovremo pure risarcire la famiglia col premio fedeltà. Beh, in fondo se lo merita... aveva più cervello di quei coglioni del settore logistico".
Controllò per l'ennesima volta di avere la valigetta di pelle, messa dentro un borsone per non essere troppo appariscente, poi analizzò anche visivamente la ferita al braccio: nulla di grave, solo due piccole schegge. Il biomonitor diceva che erano ferite poco importanti, con perdita di sangue irrilevante, ma in compenso i raggi diretti del sole potevano causare problemi alla pelle nell'immediato, e soprattutto tumori o danni al DNA se l'esposizione si fosse prolungata.
L'uomo fece attenzione a non essere visto: prese la Tessera Oro del Trauma Team dalla giacca e la spezzò. Se tutto andava bene in un quarto d'ora sarebbe stato su un AV del servizio medico: poteva pagarsi tutte le spese aggiuntive dell'intervento extraurbano, e una volta tornato almeno una testa sarebbe saltata.*4

"15 minuti al massimo e saro' fuori di qui, in volo. Spero ci sia almeno un aspiratore su quel trabiccolo, devo farmi trovare pronto e non ho tempo di passare per la stanza al Plaza..."
Questo pensò Craig Holsen, 35 anni ad ottobre: laureato, una moglie bellissima, giovane e dimenticata in qualcuno dei suoi appartamenti (o in vacanza?); un numero svariato di amanti e compagne più o meno serie, più o meno mantenute in varie parti del mondo. Giocattoli, costosi sacchetti di carne che parlano. Ma dei gran bei sacchetti.
Si voltò verso il vuoto del deserto: il sole sulla faccia non poteva penetrare gli impianti oculari Chrono-Eyes Zeiss da 25.000 ?$. Nessuno lo vede estrarre la tessera, controllarla, spezzarla, riporla.
Si voltò a guardare con disprezzo la sua "compagnia" momentanea... quattro rifiuti.
"Avrò pietà ed avvertirò qualcuno perchè vi soccorra, quando sarò al sicuro... voi rimanete vivi nel frattempo, OK?" disse fra sè e sè.
Un rumore forte, come martelli pneumatici multipli che battono il terreno contemporaneamente, da nord. Una nuvola di sabbia e scorie scure. Il rumore si fece più forte ad ogni secondo, dietro una duna... forse dietro quella accanto... forse dietro entrambe.
E' come un temporale fragoroso, come una tempesta d'acciaio e marmitte cromate, alte quanto il cielo. Quando cominciarono a spuntare dalla duna tutti le stavano guardando. Nessuno di loro fu felice di vederle. Non tutti seppero a chi appartevano, e cosa stava per accadere.
Nel giro d'undici minuti l'AV del TT fu sul posto: il segnale emesso dalla tessera non si era mai spostato più di 50 metri dal punto d'attivazione, ma non videro nulla.
L'AV atterrò e due uomini scesero, coperti dalle torrette, i sensori attivi e le armi cariche: nessuno.
Rintracciarono prima la tessera, 22 cm sotto la sabbia, incrostata di sangue e sabbia. Trovarono anche un arto a sette metri di distanza, la sabbia l'aveva già ricoperto. Le tracce dei pneumatici e delle carlinghe da sabbia non erano già più visibili, coperte dal vento incessante del deserto...*5

Jason Sparrow, 38 anni, veterano del Memorial Hospital Emergency Rescue, lavora da solo un anno sull'AV del trauma Team, ma ne ha già viste di tutti i colori. Raccolto il braccio, posto in un sacco sterile e stipato nell'apposito contenitore refrigerante s'apprestò ad eseguire gli esami di protocollo per una Gold Card; il DNA avrebbe appurato se il braccio, contenente un terminale biomonitor, è proprio del titolare della carta. In caso affermativo sarebbe stato mantenuto per un periodo di pochi giorni, nella speranza di un eventuale ritrovamento in vita del resto del corpo.*8

Il bagliore degli occhi rossi del cerbero virtuale penetrarono gli occhi della netrunner. Shen vide la bocca sbavante del mastino infernale protrarsi davanti a lei in procinto d'azzannarla.
Cercò di attivare ogni suo programma di difesa, ma ogni tentativo sembrava vano. Ogni programma cancellato ancor prima di entrare in funzione. Shen tentò di scappare, sapeva di non essere in grado di affrontare quel programma, ma non sapeva neanche cosa ci facesse li. Non riusciva a capire dove si trovasse nella rete e chi stesse cercando di assaltare e perchè. Aveva il cuore che batteva all'impazzata mentre tentava di fuggire, ma il cerbero costantemente si avvicinava. L'opzione di scollegamento era andata, il deck non rispondeva ai comandi, il cerbero era più vicino...
Paura: il corpo vibrava, il mondo attorno a lei vibrava. Il cerbero scattò saltando sulla sua icona... nero. Shen aprì gli occhi di colpo.
Sentì il suo corpo vibrare e un forte rumore: schiamazzi, urla. Quello che vide la fece tornare alla realtà. Nel suo sogno della Rete lei era morta, ma la realtà era ancora peggio.
Tutto le tornò alla memoria: la polvere che s'alzava all'orizzonte, lampi di luce si riflettevano sui mezzi che sbucavano dal nulla, la felicità per quei soccorsi in arrivo, l'orgoglio per aver saputo chiamarli con il proprio deck.
Poi il terrore, quando si avvidero che i mezzi erano una decina tra dune buggy, jeep e motocross orrendamente modificate con ogni tipo di rinforzo, rostri e bardature metalliche; nonchè adornate da macabri trofei. Tentarono di fuggire, ma il massimo che riuscirono a percorrere prima d'essere raggiunti furono cinquanta metri.
L'azione durò un attimo. I veicoli li circondarono e quelle persone, vestite con giubbotti rinforzati dotati sul retro l'emblema dei Raiders, ed armi che andavano dal rudimentale all'ultra-avanzato scesero e li assaltarono. Se fosse stata l'eroina di qualche romanzo avrebbe reagito con qualche trucco segreto, avrebbe estratto una super-arma nascosta, o almeno avrebbe avuto un'idea.
Ma l'unica cosa che seppe fare fu svenire. L'ultima cosa che vide fu un uomo più grosso degli altri, che sfrecciò in avanti e con la mano sinistra, sostituita da una motosega monofilare (inutile dire: cyberware da mercato nero) segò di netto il braccio destro d'un altro supersitite, che cadde tra urla inumane: la ferita cauterizzata all'istante.
Ora si trovava all'interno di una gabbia assieme al resto dei compagni di sventura diretti verso il covo dei Raiders. Sullo sfondo iniziava ad comparire una struttura composta da autoveicoli e mezzi accatastati uno sopra l'altro, a formare alte mura, mentre un grosso container, con le porte sprangate, faceva da ingresso.
Shen in pieno panico alzò lo sguardo per vedere i propri carcerieri, e guardò negli occhi di Razorhand (così era chiamato il capo), che gli disse con voce divertita, indicando la loro tana:
« Benvenuti all'inferno ».*6

Avrebbe preferito continuare sognare... avrebbe voluto rivedere gli occhi rossi del cerbero virtuale, mentre tentava una fuga impossibile... sarebbe stato meglio della realtà che aveva davanti ai suoi occhi... o forse era ancora un sogno... si, stava ancora sognando... ma quelle grida, quei rumori erano troppo reali... no... povera Shen... non era un sogno....
Forse quello che avrebbe voluto essere in un sogno, o meglio, in un incubo era Craig Holsen, il corporativo... ora giaceva accucciato in un angolo della gabbia, senza un braccio...
Nel gruppo dei "sopravvissuti" il vecchio sembrava il più rassegnato... mentre i due ragazzi non si davano pace... si lamentavano... gridavano... nei loro occhi si rispecchiava il terrore che Shen e gli altri si tenevano dentro...
Ma nessuno poteva sentirli, lì... nessuno poteva ascoltarli nel deserto... erano in un posto desolato e non sapevano nemmeno quanto avevano viaggiato...
La gabbia che li trasportava era agganciata in alto ad una sorta di gru montata su un tir modificato. Tutt'intorno i mezzi e i motocli del clan Raiders; tra rumori e suoni di clacson... ma la cosa più agghiacciante erano le urla, le risate... e gli avvertimenti su cosa gli avrebbero fatto dopo...
Arrivati a destinazione, l'uomo a comando del tir fece alzare la gru che teneva la gabbia... Shen alzò gli occhi e vide due nomadi del clan armeggiare con il gancio.... il tir si allontanò e la gabbia rimase sospesa, agganciata ad una struttura metallica...
Da quell'altezza ora Shen e gli altri potevano vedere cosa c'era sotto di loro: una grossa pedana ricoperta di sabbia dalla forma circolare. Sopra di loro un telo ricopriva l'intera area, il tutto faceva pensare all'interno d'un tendone da circo....
Razorhand, il grande capo della tribù, sedeva al centro d'una piattaforma che avrebbe dovuto contenere gli "spettatori".... circondato da altri nomadi...
Ma qual'era lo spettacolo?? E chi erano i protagonisti?? Non avrebbero dovuto aspettare molto per saperlo.... il grande capo fece un cenno con la mano: un rumore stridente, come di lame che si affilano, emerse da dietro la tenda... tutt'intorno alla base di sabbia...
Lo spettacolo era appena iniziato.*7

La gabbia era sospesa su un gancio da diporto: probabilmente era stato sottratto a qualche automezzo da carico portuale e riadattato per la struttura. I sinistri cigolii dei cavi in lega di metallo erano cadenzati, quasi ipnotici: avrebbero potuto distrarre i cinque sfortunati se non ci fosse stata sotto di loro una seconda gabbia, coperta da un telo, da cui provenivano preoccupanti rumori.
Il telo era mosso da un vento persistente e, teso, sbatteva sulle sbarre come la vela di fiocco sul bompresso in un giorno di regata, una di quelle a cui spesso partecipò Craig, nelle sue sortite da corporativo trendy in vacanza.
Questa però non era una regata: il telo si stacca e il fiocco scivola via, e sotto non c'è un bompresso.
Una gabbia grande il quadruplo di quella in cui erano stipati è accostata ad altre due più piccole, collegate e separate da un solo pannello. Un'arena. La gru scende lentamente, dando il tempo agli occupanti della prigione sospesa di guardare cosa li aspetta.
In ognuna delle due piccole gabbie c'era un cane, o così sembra: è difficile capire che tipo d'animale possa esservi sotto quella corazza di placche con sopra saldati spuntoni e lame, quasi a raffigurare un istrice di metallo. Il cranio degli animali era ricoperto da una specie di cappuccio, uno decorato con una folgore, l'altro con un sole.
Dall'esterno due nomadi usarono una sorta di frullino elettrico per acuminare le punte delle armature delle bestie, sbagliando ogni tanto di proposito, toccando l'animale tanto per incattivirlo... come se ce ne fosse stato bisogno.
Il latrato diventò un abbaiare furioso: sbavano e scalpitano, le fauci sono spalancate e mostrano i denti, la lingua è esangue, grigiastra, e piccole bolle di schiuma bianca ornano i lati della bocca. Anche i cinque sfortunati stanno a bocca spalancata, ma dalle loro non riesce ad uscire niente, neanche l'aria.*8

La finestra affacciata sulla Corp-Town era di cristallo nero, con gli infissi in Vero Legno. L'ufficio interno era arredato con altrettanto stile, semplice ma d'effetto. Legname decorativo, pareti bianche, mobili neri, luci soffuse d'un colore aranciognolo. Del blu nell'acquario vicino all'ingresso conteneva alcuni pesci esotici genetizzati.
Il telefono sulla massiccia scrivana, una riproduzione di un vecchio apparecchio analogico del 1920, si mise a squillare mentre l'Uomo stava visionando il portafoglio azionario.
« Boss, è iniziato il Breakdown. Ci prepariamo a monitorare la situazione ».
« Cos'è accaduto? ».
« Una tempesta di sabbia. Quando sono arrivati i soccorsi, l'elemento era sparito. L'apparecchio di rivelazione funziona in modo irregolare. Abbiamo un'incertezza di 10 km. Stiamo portando il satellite sulla zona, come da procedura. Se non arrivano altre tempeste e localizziamo l'obiettivo possiamo avere le squadre in assalto entro 3 minuti ».
Il Boss non s'aspettava che potesse accadere così presto. Questo test era l'ultimo prima della produzione, ed una prova sul campo era l'ideale. Ma se non avessero potuto raccogliere i dati... ritardi da miliardi di dollari.
« Disattivate il blocco di sicurezza con l'impulso ad area. E datemi le immagini appena possibile ».
Mise giù la cornetta, e per un breve istante pensò a cosa sarebbe successo a chi avesse aperto la valigetta. Un brivido gelido gli corse lungo la schiena, ma scacciò subito il pensiero.
Gli affari sono affari. E quelli non erano affari suoi.
Le urla selvaggie dei nomadi salirono allo spasismo, in un'ordalia di ferocia. Improvvisamente scese il silenzio, mentre la gabbia veniva abbassata verso le bestie cybernetizzate, già liberate nell'arena. Appena la gabbia arrivò a portata, e prima ancora che toccasse terra le creature si avventarono contro, rischiando di rovesciarla.
Una delle due quasi rimase schiacciata contro la gabbia quando questa toccò terra. Nonostante la tenacia, non riuscirono a colpire nessuno. Le maglie della rete di ferro erano troppo strette per colpire qualcuno e troppo spesse per sfondarle.
Quando la gabbia toccò il terreno, le due bestie si fermarono a pochi centimetri dalla rete, con un basso ringhio. Uno dei quattro lucchetti che teneva agganciato il fondo della gabbia si aprì.
Shen svenne, Craig Olsen era già svenuto dal dolore, Mirco Morientes e Janica Dolores piangevano e dirotto e lanciavano qualche urlo strozzato, il sergente in pensione Tim Cluster stava maledicendo i nomadi e tutta la loro stirpe.
I nomadi con questi prigionieri s'immaginavano uno spettacolo abbastanza deludente. Così non fu.
Un nomade entrò nella sala e si avvicinò alla sedia del capo. Era Chainhand. Le sue vesti erano grondanti sangue. Aveva la faccia stravolta in una smorfia orrenda, gli occhi semichiusi dai cui capillari distrutti, ritmicamente, zampillava sangue. Ai lati del cranio due altri fiotti ematici, il nomade fece un altro passo verso il capo mentre la platea di nomadi si voltava di colpo.
Razorhand corse verso il compagno che era caduto a terra. Il nomade tentò di parlare, gorgoliando:
« La val...get... c'è un s... ».
A questo punto il suo corpo esplose dall'interno con un rumore sordo. I nomadi restarono allucinati dalla scena. Razorhand pensò alle sue parole. Nel deserto, quando avevano avvistato i prigionieri e si stavano avvicinando, Razorhand aveva notato a quel corporativo che, proprio quando i loro radar segnalarono un AV in avvicinamento, si era ammanettato una valigetta al polso. Aveva detto a Chainhand che voleva quella 24ore, e lui l'aveva presa sfilandola dalla spalla recisa del tizio.
Un momento. Era proprio Chainhand quello cui l'aveva affidata, visto che non erano ancora riusciti ad aprirla. Guardò i prigionieri nella gabbia, fece cenno di tirarli su e tutti i nomadi capirono subito che lo spasso era finito.
C'era qualcosa che non quadrava.*9

...le immagini arrivarono in pochi secondi, il satellite aveva localizzato il suo obiettivo.
Per chilometri e chilometri si distendeva quella sabbia dalle tinte rosate, apparentemente senza fine, come un immenso campo di fiori di pesco. Il vento spazzava senza tregua quella conca, in tutte le stagioni, provocando suoni spaventosi quando s'infilava nei valloni della regione più settentrionale.
Era una zona ideale per l'accampamento di nomadi ribelli perchè esistevano pochi valichi accessibili via terra: solo dall'alto si poteva entrare facilmente. Non c'era alcun pozzo d'acqua all'interno della conca, con conseguente mancanza totale di forme di vita vegetali e la temperatura, nelle giornate più tremende, poteva anche raggiungere i 57°.
« Perfetto ... un posto migliore non potevano trovarlo quegli imbecilli... » commentò tra sè e sè X02, responsabile dei progetti Top-Secret della Koshima Inc.
Non gli era mai piaciuto usare dei nomi in codice, il suo poi gli sembrava proprio stupido, ma era indispensabile: tutto doveva rimanere neutrale per agire nel migliore dei modi.
I sentimenti, la propria personalità, gli affetti, dovevano rimanere chiusi fuori da quella maledetta porta color acciaio, con il nome "Zona O" a lettere blu stampigliato sopra.
Un pallino rosso lampeggiava in un punto ben preciso della cartina olografica che invadeva buona parte della stanza. Un cerchio azzurro di dieci chilometri intorno a quel pallino rosso colorava tutta la zona a rischio. 
 **ALARM 0**
Non pensava che avrebbe mai visto apparire quella scritta: l'odiata parola galleggiava in mezzo alla stanza, visibile da ogni angolazione.
Tutto doveva essere fatto in pochi minuti; tutto doveva esser messo a tacere senza dare al proprio cervello il tempo di mettere a fuoco l'obiettivo: sarebbe stato troppo pericoloso.
**ALARM 00**
« No... maledetta scritta. Ci sono delle persone... esseri umani... ».
Le pareti intorno a X02 iniziarono a pulsare di una luce blu al neon, era il momento per procedere. Le sue dita si mossero veloci sulla consolle di controllo, digitarono gli ordini automatici da impartire alle varie squadre, tutto era già stato programmato, non una virgola sarebbe andata storta.
Gli occhi vedevano scorrere veloci le stringhe di comando del programma, ormai il gioco era fatto.
Vite bruciate a causa di un gioco politico crudele e senza pietà.Vi fosse anche stata la famiglia del presidente degli Stati Uniti laggiù in quella conca nel deserto, il mastino della distruzione non si sarebbe fermato.
Quella valigetta doveva essere attivata e recuperata, senza lasciare traccia dei suoi movimenti.
Le lacrime di Janica rimasero sospese a metà, come incollate al suo viso e le sue labbra aperte per sempre in una smorfia di dolore. Le braccia di Mirco erano immobili a mezz'aria in cerca della sua amata. Shen non rivide mai la luce del sole, come lo stesso Craig Olsen, in codice agente Y03. I due mastini sembravano usciti da uno stampo ben fatto, fermi, immobili, con le gocce di saliva che formavano delle stalattiti trasparenti con striature rosso fuoco. Razorhand con gli occhi vitrei e spalancati guardava i compagni, ormai statue di marmo. Nessuno fu risparmiato. *10

I tre elicotteri Marauder V si erano avvicinati alla zona senza essere notati da alcuno, lo scudo termo-ottico lavorava sulla rifrazione della luce e costruiva un manto mimetico ad intervalli di 1200 iterazioni al secondo. Davanti alla sabbia, erano sabbia. Davanti alla notte, erano luna e nuvole.
Avvicinarsi alla postazione dei nomadi, sconosciuta ed evitata fino a tre ore prima, fu semplice come avvicinarsi al forte degli Inglesi con un sottomarino piuttosto che con una nave pirata: le arruginite torrette Vulcan e le sentinelle ubriache non potevano accorgersi di nulla.
Tre elicotteri, tre squadre armate e ciò che restava del branco di nomadi delle sabbie spazzato via in tre minuti. Manovra a tenaglia dei gruppi, guidati nell'azione dal computer di supporto distante 80 miglia , in costante collegamento interfacciato.
Pupazzi di carne ed acciaio guidati da un computer con in memoria qualcosa come centoventimila azioni di combattimento preprogrammate. Ottiche notturne e funzioni di mira automatizzata, ogni raffica di tre colpi un unico punto d'ingresso.
I superstiti del gruppo pensarono: "Siamo salvi!"
Ma se la situazione di panico e pericolo non avessero indotto in loro la falsa speranza, accecandoli all'evidenza, avrebbero notato gli stemmi sulle spalle degli operativi, e forse avrebbero trovato abbastanza strano un intervento del genere per il loro recupero...*11

Il gruppo d'operativi sbarcò dagli elicotteri secondo l'addestramento, uomini e donne pieni di hardware che si muovevano in sincronia come formiche di uno stesso nido. I nomadi superstiti tentarono una patetica resistenza armata, e vennero uccisi senza alcun problema dai solitari.
Gli otto operativi arrivarono davanti alla gabbia crollata: a parte una donna, troppo debole, gli altri erano sopravvissuti anche se uno dei giovani era ferito molto gravemente, ed il corporativo era provato dagli avvenimenti e dall'amputazione del braccio.
Il capo dei solitari si avvicinò alla gabbia, ignorando il cadavere della donna e gli altri tre, e si rivolse direttamente al corporativo, con un accento vagamente orientale.
Fece solo una domanda, ma era ovvio che da quella risposta dipendeva almeno una vita:
« Dove è la valigetta? ».*12

Era accaduto tutto in un attimo... aveva visto i suoi compagni rimanere paralizzati, diventare statue di marmo, mentre lui poteva ancora dire di essere vivo... Powerblade, nomade di 27 anni della tribù dei Raiders, era uno dei pochi superstiti del campo dopo quella strana ondata, quel vento chimico che aveva pietrificato tutta l'area circostante... ora stava cercando di raggiungere quella valigetta, strisciando e non camminando... ferito ma vivo...
« Ehi Power... la valigia si è sbloccata! » fu l'ultima cosa che sentì dire da Chainhand: era vicino a lui poco prima che succedesse... subito dopo il suo amico si voltò urlando, tenendosi le tempie con le mani, mentre il sangue gli usciva zampillando dai capillari degli occhi... lo vide esplodere dall'interno davanti al loro capo Razorhand... fu subito dopo che il capo gli dette l'ordine di recuperare la valigetta, mentre faceva tirare su agli altri nomadi la gabbia dei prigionieri...
Ed era proprio mentre tornava nella tenda dove c'era la valigetta che Powerblade fu investito da quella strana ondata... e dopo il silenzio... rotto solo dai lamenti di qualche suo compagno ancora vivo...
« Dov'è la valigetta?... Rispondi!!! ». Tim Sauren, capo dei solitari del gruppo appena atterrato, non sembrava andare tanto per il sottile mentre chiedeva informazioni sulla valigetta a Craig Olsen...
Il corporativo, gia stremato dall'amputazione del braccio e dal tremendo caldo, era riuscito a cavarsela dall'ondata chimica che aveva devastato la zona, ma ora non riusciva a parlare e soprattutto non riusciva a muoversi... ma sia lui che gli altri avevano capito che quella squadra non era arrivata lì per occuparsi del loro recupero...
Razorhand, capo della tribù giaceva disteso a pochi metri di distanza... non era ancora morto, ma anche lui non riusciva a muoversi... aveva osservato tutta la scena, visto i tre elicotteri Marauder V atterrare e i solitari uccidere i pochi nomadi che gli si erano scagliati contro, ed ora vedeva prendere a calci il corporativo che non collaborava...

 

 

...vvVVRRROOoMmm...

Un rumore spezzò il silenzio delle dune... una moto del deserto si era messa in moto. Era Powerblade... aveva recuperato la valigetta, e seppur a stento, era riuscito a raggiungere il suo veicolo... ora doveva farcela... doveva scappare... quella valigetta era stata la causa di tutto, e lui avrebbe vendicato la morte dei suoi compagni...
Powerblade guidò la moto tra le tende del campo, sbucando dalla zona opposta a quella in cui erano atterrati gli elicotteri: la valigetta era con lui, mentre tentava una fuga disperata...*13

Il lavoro era stato duro. I mezzi di soccorso stridevano sotto il sole e il clangore metallico della gru meccanica ancorata al pullman era insopportabile. Il veicolo, carico di sabbia, era stato estratto con fatica e perizia da archeologo.
William ed i suoi colleghi avevano estratto dalle lamiere i cadaveri sporchi di sabbia. Li catalogarono mettendoli nei sacchi di plastica e caricandoli nel furgone della polizia, arrivato assieme alla gru per il recupero del pullman. Will si asciugò la fronte con un gesto meccanico che nell'arco della giornata aveva già ripetuto un'infinità di volte, e con sguardo distratto osservò l'orizzonte. Fu un momento.
Non troppo distante vide un lampo di luce, un rumore sordo, l'aria all'orizzonte si distorse per un attimo, polvere; poi calma.
«Cosa cazzo è stato? » disse Rick, sopraggiungendo alle sue spalle.
« Sembrerebbe un'esplosione, ma non ne sono sicuro » rispose Will. Si avvicinò all'elicottero e prese la radio.
« Se è successo qualcosa di grave il Distretto lo saprebbe » disse rivolto all'amico.
« Qui squadra di recupero N-25, Agente William Black, rispondete. Passo ».
« Sezione numero 5, ti sento forte e chiaro Will, dimmi. Passo ».
« Non molto lontano da qui, circa nel quadrato 12 della terza carta, sembra sia accaduto qualcosa simile ad un esplosione: vi risulta? Passo ».
« Un momento... nulla ».
« Come nulla!? Richieste d'aiuto, esercitazioni, qualcosa Cristo! ».
« Ho già controllato: ti ho detto nulla. Sarà il caldo Will. Passo e chiudo ».
« Caldo un cazzo! » disse tra sè e sè attaccando il microfono alla radio.
« Rick: vogliamo andare a vedere? ».
« Neanche se mi paghi! Come prima cosa non siamo autorizzati e, come seconda cosa, non mi lascio trascinare da te un'altra volta. Non so se hai dimenticato due mesi fa: ci hanno quasi buttato fuori! ».
I mezzi di soccorso iniziarono il lento rientro in città, mentre i due colleghi discutevano riposandosi sul bordo del portellone dell'elicottero. Will tentò di convincere più volte l'amico, senza avere però successo.
I due stavano per risalire sul velivolo quando un rumore li fece voltare: una moto solitaria si stava avvicinando a gran velocità. Will si accorse all'istante che l'uomo che la guidava era ferito. La moto si fermò davanti a loro.
Powerblade scese, malfermo sulle gambe e s'inginocchiò. Cercò di parlare, ma l'unica cosa che riuscì a articolare fu una richiesta di soccorso in un rantolo flebile.
Will lo sollevò: cercò di capire cosa gli avesse causato quelle strane ferite, ma dovette desistere dall'impresa. Un'altra cosa che solleticò la sua curiosità fu la particolare valigetta ammanettata al polso di quello strano nomade.
Lo portò sull'elicottero e partirono. Verso il tramonto, verso la città.*14

Questa volta i guai erano andati incontro a Will e Rick, non erano stati loro a cercarseli. Accadeva a volte che il destino non si riuscisse ad evitare.
Dopo pochi minuti che erano in volo, Will sentì dal retro dei suoni strani, come un rantolo sommesso e continuo. Si voltò a guardare il nomade che avevano soccorso: il suo stato di salute era notevolmente cambiato, aveva gli occhi carichi di vene, gonfie e sul punto di scoppiare.
« Rick... abbiamo dei problemi lì dietro... ma non capisco che succede... vado a controllare! ».
« Va bene, ma stai attento: chissà che razza di droghe usano questi nomadi, potrebbe essere sotto l'effetto di qualcuna ed aggredirti ».
Will annuì, lasciò il posto a fianco ai comandi e s'avvicinò al ferito.
Il corpo del povero nomade era in preda a convulsioni: la testa tirata all'indietro, la lingua ormai scesa nella trachea. Stava soffocando.
Will non riuscì ad intervenire: avrebbe dovuto tracheotomizzarlo, certo non era il luogo più adatto -  non c'era sterilizzazione dell'ambiente - ma se non voleva che morisse soffocato doveva farlo al più presto.
« Rick... devo tracheotomizzarlo... ».
Avvertì il collega con la sua solita calma: estrasse dallo zaino l'attrezzatura necessaria, disinfettò con uno spray la zona e fece una bella incisione orizzontale interanulare; per concludere incannulò il povero nomade e lo collegò alla bombola di ossigeno.
« Tutto bene Rick... ma non capisco questi occhi... gli sta succedendo qualcosa di strano... ».*15

*Distanza velivolo 3.5 Km: procede verso Nord-Est. Bersaglio catturato*.
Le sintetiche considerazioni del soldato "Rosso-6", capogruppo della 3° squadra d'assalto, rimbalzarono sullo schermo di X02, con la visione in remoto che le cyberottiche del soldato inviavano ad intervalli regolari insieme ad altri dati sulla morfologia del terreno e sui dati dell'ambiente.
"Non ci voleva: meno pubblicità viene data all'evento e meglio sarà per tutti noi. Quella valigetta non può allontanarsi troppo, per gli interessi che ci sono in gioco rischiamo una guerra corporativa - e prima ancora le chiappe" pensò X02 digrignando i denti, mentre chiudeva la connessione con le tre squadre:
« Squadra Rosso, Squadra Oro, Squadra Blu, rientrare. Operazione conclusa ».
L'elicottero vibrava e si muoveva con forza a causa delle raffiche di vento che imperversavano sul deserto. Presto sarebbero arrivati alla zona temperata, ma in quel momento le condizioni rendevano critico anche l'intervento di pronto soccorso sul nomade. La cannula doveva essere sempre tenuta pulita ed il rischio d'infezione sulla ferita era alto. Sempre che con tutto quel movimento il ferito riuscisse a respirare...
Will cercava di usare il piccolo medikit di bordo per stabilizzare il nomade, ma i valori erano troppo strani per non destare in lui quel germe di curiosità che lo aveva sempre ficcato nei guai: il medikit indicava un'accelerazione sospetta dei battiti cardiaci, una contrazione delle fibre muscolari relative alla respirazione, una resistenza del sangue alla coagulazione. Piccoli esami, possibili per mezzo dei piccoli analizzatori elettronici monouso, fatti su poche gocce di sangue dal collo del ferito.
"Non è un incidente questo. Scommetto che ad un'analisi più accurata nel sangue di quest'uomo troveremmo qualcosa di interessante" pensò Will. *16

 

 

 

 

Capitolo 2

La Rete era particolarmente affollata quel giorno: Banks vide immensi carichi di dati sfrecciargli accanto mentre si spostava fino alla sede centrale della Koshima Corp. L'isolato comprendeva un gran numero di sistemi corporativi, ed era pesantemente pattugliato.
L'Icona di Banks - Gatto Silvestro - si mosse fino all'accesso principale. L'intera Fortezza era un cubo nero gigantesco, con accessi e ingressi protetti evidenziati da un elegante bordo oro. Banks richiamò la pagina principale, accessibile al pubblico, del sistema. Parlava della corporazione, operante in farmaceutica e biologia, con interessi in alcuni media.
Dando una scannerizzata in giro, Banks attivo lo Stealth2.0. La sua Icona si scompose, fino a diventare una massa pressochè trasparente.
Girando attraverso la Fortezza incrociò un Watchdog, che lo ignorò, e arrivò fino ad un accesso secondario. Lentamente Banks filtrò nel il sistema, entrando nella zona riservata al personale. Trovò un indice dei dintorni, con l'elenco dei dipartimenti, e s'infilò dentro quello di ricerca farmaceutica.

Ricerca > Top Secret / In attesa di brevetto / Progettazione / Sviluppo / Novozinadril / Exadrina2 / Neomorfina / Genetica Cereali / Serpenti Velenosi...  

...così via per pagine e pagine. Banks ignorò il primo dipartimento, gli era già capitato di trovare corporazioni che aprivano sottosistema specchietto e trappole per i net. Meglio non infilarsi lì dentro.
Analizzò la struttura del sistema, scoprendo che il dipartimento Serpenti Velenosi pesava almeno dieci volte più d'ogni altro. C'entrò con facilità bypassando una restrizione d'accesso, e si accorse di trovarsi di fianco ad un immenso cane a tre teste circondato di fiamme. Un Cerbero.
Il programma stava analizzando la struttura del portale, evidentemente dopo aver registrato l'anomalia di funzionamento. Le tre teste sbavanti e zannute si misero ad annusare scannerizzando i dintorni, e Banks si accorse con terrore che l'avrebbero scoperto. Attivò istantaneamente l'Osso, un ammasso di dati di scarto illeggibili che aveva modellando perchè risultassero potenzialmente sospetti alle routine di ricerca standard. Una delle tre teste prese al volo l'Osso iniziando a masticarlo, e preso anche le altre due tentarono di strapparselo dalle mascelle. Quel programma rudimentale avrebbe però funzionato per breve tempo contro un gioiellino di programmazione come il Cerbero.
Bansk rimpianse di non avere con sè un Accalappiacani. Attivò quindi un Killer VI.2, sperando che il programma riuscisse a resettare il cane a tre teste prima che potesse reagire. Il samurai metallico sopra l'harley caricò l'enorme molosso, piantandogli la katana nel ventre. Cerbero svanì all'istante.
Nessun altro programma sembrava essere nei dintorni, per fortuna. Banks tentò di entrare nelle varie sottodirectory, ma erano tutte protette in maniera troppo complessa, almeno per breve tempo. Lanciò un attacco indiscriminato, e riuscì a forzare solo un breve rapporto che era stato lasciato nei Recycled personali di un dipendente.
Lo lesse e decise che quei dati valevano una fortuna. Solo che non avrebbe potuto portarli via senza decriptarli. Mandò il file in stampa sul deck e decise di rischiare.
Disattivò tutti i programmi tranne il Killer VI.2 ed il Charter, un software di compressione che aveva modificato. Mentre tornava visibile, copiò in blocco l'intera sezione riguardante i dati del progetto Veleno, preferendoli ad Antidoto, con le chiavi d'accesso e la codifica ancora integra.
Il Charter iniziò molto lentamente a caricare i dati, comprimendo e copiado.
Era al 98% quando una Icona emerse da una directory adiacente. Si trattava di un altro Watchdog. Il Killer gli si avventò contro, ma non riusci a resettarlo prima che desse l'allarme.
Il Charter era al 99%.
Immediatamente apparvero altre due Icone, un altro Cerbero ed un normale Killer. Il programma potenziato di Banks si avvento per prima sul nuovo molosso, prima che potesse iniziare a tracciare la posizione del netrunner. Non riuscì a distruggerlo, ma lo danneggiò a tal punto che il cerbero iniziò a girare attorno all'Icona di Banks senza meta. L'altro Killer però, prese il samurai in moto alle spalle. Il primo colpo non resettò il programma, ma il secondo lo finì.
Il Killer della corporazione si avventò sul Charter, mentre due operativi della corporazione si collegarono. Mentre entrambi caricavano un programma offensivo, il Killer colpì il Charter. Banks ebbe l'impressione di vedere la barra di carimento dati sopra il Charter completa. I due sysops lanciavano Dardi Infernali diretti contro di lui...
« Zap! ». La realtà tornò come un colpo di martello. Banks ebbe un conato di vomito. Si mise seduto sulla vecchia poltrona da dentista. Non sapeva nemmeno se era riuscito a salvare i dati, se anche un solo bit mancava il Charter non avrebbe saputo ricostruire i dati, e lui li avrebbe persi.
Allungò la mano e prendere il foglio stampato. La dicitura diceva:

Koshima Corporation. Progetto Veleno di Serpente - Test preliminari dell'unità di produzione nanomacchine S.e.r.p.e ed al sistema di controllo Alveare.

*17

Ancora qualche secondo e la stampante avrebbe finito di stampare il plico: il ronzio che gli entrava nelle orecchie lo snervava. Aveva ancora l'adrenalina a mille, e la vecchia Canon era decisamente lenta, alle volte.
Finalmente la stampante sputò l'ultimo foglio. Controllò il plico: tutto a posto, fino all'ultima pagina. Aveva un valore quasi palpabile: prima di aprirlo e vedere meglio di cosa si trattasse lo soppesò in mano e ne contò le pagine, quasi fosse quello a dargli valore.
Gli occhi scorrevano veloci sulle parole stampate, e ci mise poco a capire quanto ciò che aveva in mano potesse diventare lucroso se messo nelle giuste mani. Valeva molto più oro di quanto pesava: "Tutto ora sta nel contattare le persone giuste senza farsi fregare".
Prese i primi quattro fogli e li piegò in quattro, infilandoli dentro la tasca interna della giacca di pelle stile Anni '80. Il resto della stampa da parte, con un altro destino segnato.
Tirò fuori il palmare da una tasca meno nascosta, allungando i fili di connessione fino alla sua tempia ed alla Canon. Sovrapposta alla vista della stanza gli apparve il filesystem della vecchia stampante: un dato nuovo nascosto lì dove doveva stare.
Il tempo di controllarne l'integrità e prese l'ultimo cavetto, un sottile ago da infilare in un finto neo alla base dell'orecchio. Spostò il backup dei dati di stampa direttamente nel suo cervello e poi ne cancellò ogni traccia dal deck, dalla Canon e dal palmare.
Le uniche copie complete del documento stavano sulla sua scrivania, ora, e in quel flashdisk - nascosto e indipendente - che si era fatto mettere da un amico di un suo amico, al posto d'una di quelle parti del cervello cui la scienza medica non aveva mai riconosciuto una funzione.
A dire il vero si sentiva un po' meno coinvolto dai fatti della vita da quando aveva l'impianto, ma mentre fissava inespressivo le fiamme, che divoravano nel suo gabinetto il resto della stampa del documento, aveva altro cui pensare.
Fuori, in strada, faceva un freddo innaturale per una giornata d'aprile. Stretto in una giacca chiara, logora fino a lasciare scoperti i gomiti, jeans e vecchie nike rimediate: fra la poca gente in giro alle sette del mattino ad Est Side Park sembrava uscito da un film di repertorio; come molti dei suoi colleghi e un sacco di altra gente d'altronde.
La cosa non gli interessava: passava invisibile tra la gente, solo una biscia sembrava averlo notato e volergli far dispetto, distraendolo da sogni ad occhi aperti.
In via Clinton scese sottoterra: Metro Linea F, Box Fototessere. Una pungente puzza di piscio teneva lontani i barboni dal dormirci dentro. "Chissà se è mai stata diversa da così", si chiese avvicinandosi.
« 2 E$: non è detto che funzioni » recitava una scritta in vernice nera sulla porta del casottino.
Cinque pezzi da uno, infilati dalla stessa parte, poi dentro, cercando di non far caso all'odore pungente. Seduto, porta chiusa.
Un attimo di pausa: s'illumina la piccola lampadina ad incandescenza sopra la sua testa.
Una voce meccanica, ma con un tono molto più scazzato del solito:
« Sono le sette cosa cazzo vuoi? ».*18

"S.E.R.P.E.: Synthetic Electronic Replicant Programmed for Exploration. Ultimo prototipo di nanotecnologia. Esemplari in attuale costruzione 84, effettivamente funzionanti 16, di cui in corso il recupero. I rimanenti 68 sono in fase di ristrutturazione molecolare".
La chiamata venne interrotta in maniera fredda: solo una sequenza di informazioni.
Nessuna emozione, nessuna voglia di esprimerne, solo professionalità. Una mano cibernetica, di uno stinto grigio cromato, chiuse il circuito mastoidale installato nella mascella.
« Possiamo però dire, signori, che i primi 16 "Aspidi" hanno dato un risultato maggiore del previsto. Nei nostri progetti non avevamo in mente un utilizzo distruttivo di tale nanotecnologia ».
Nove volti, emissioni di luci da una serie di proiettori olografici, sembrarono impassibili. Nessuna si mosse.
Una luce rossa si accese nel centro della stanza, un segnale d'addio.
Una alla volta le immagini olografiche si disconnessero dalla stanza. La mano cibernetica spostò un casco neurale; il simulatore di realtà virtuale, un modello vecchissimo, ora tornava utile. Non esisteva nessun driver e nessun file sui quei vecchi modelli: solo lui e pochi altri ne avevano ancora le chiavi.
L'uomo volse lo sguardo lontano, verso una finestra che affacciata sul mare: o altrimenti quella distesa d'acqua acida, piena di creature uscite dall'incubo di un bambino.
Sull'elicottero, nel mezzo del deserto, il nomade comincia a fare un lenta e dolorosa espiazione, vomitando sangue e cadendo in preda alle convulsioni.*19

A.I CREATED
STANDBY
.
..
...
RUNLOG ON
INIT INTERNAL SYSTEM CHECK
.
..
INTERNAL SYSTEM CHECK OK
INIT OPTYCAL_SPECTRE.SEE
.
ACTIVATED
INIT INFRA-RED_SPECTRE.SEE
.
ACTIVATED
.
INIT ULTRA-VIOLET_SPECTRE.SEE
.
ACTIVATED
.
INIT FULL-SPECTRE_VIBRATION.EAR
.
..
...
ACTIVATED
INIT CHEMICAL-ANALYZER.SML
.
..
ACTIVATED
ALL SENSES ACTIVE AND FUNCTIONAL
STANDBY UNTILL UNEXPECTED OPTICAL INPUT
.
..
...
....
WARNING!
UNEXPECTED OPTICAL IMPUT
INTERFACING UNIT STX93.SUITCASE
ONLINE
FINGERPRINT CHECK
.
WARNING!
UNHAUTORIZED VIOLATION OF UNIT STX93.SUITCASE
CHEKING DATABASE
.
..
...
WARNING!
FINGERPRINTS NOT CONTAINED IN ANY DATABASE
INIT INTRUDER EVALUATION
INIT STATISTIC ROUTINE
INIT COMPARISON ROUTINE
HUMAN PROB:
BIO-TELEMETRY ANALYSIS...
ELECTROMAGNETIC FIELD...CHECK
APPEARENCE.........CHECK
OLFACTORY PRINT....CHECK
RESPONSE
HUMAN >88.3%
CYBORG >99.9%
CRAIG OLSEN <0.01%
CORPORATIVE PERSONNEL <0.01%
NOMAD >73.1%
STANDBY
.
INIT THREAT EVALUATION
.
RESPONSE: NO THREAT
WARNING!
INTRUDER INIT GRAB.CQC
INIT THREAT EVALUATION
.
.
RESPONSE: NO THREAT
A.I. NOTE
-IL CORPO DELL'INTRUSO NON E IN GRADO DI DANNEGGIARE IL PRIMO STRATO DI PROTEZIONE
-L'EQUIPAGGIAMENTO DELL'INTRUSO NON E IN GRADO DI DANNEGGIARE IL PRIMO STRATO DI PROTEZIONE
-POSSIBILI LINEE D'AZIONE
1)INIT SUBROUTINE PLAY_DEAD.MOV
2)INIT SUBROUTINE INTIMIDATION.MOV
3)INIT ROUTINE THEET.CQC
4)INIT ROUTINE THEET.CQC + STANDARD_KILLING.PSN
5)INIT ROUTINE THEET.CQC + E.P.R.PSN
-END A.I. NOTE
INIT AIM.CQC
TARGET:RIGHT ARM
TARGET LOCK
INIT THEET.CQC
HIT
INIT E.P.R.PSN
A.I. NOTE
-TEMPO STIMATO AFFINCHE LE NANOMACCHINE FORMINO UN CENTRO DI TRASMISSIONE BASATO SUL PARADOSSO DI EINSTEIN_POLDSKY_ROSEN ALL'INTERNO DEL SISTEMA NERVOSO DEL NOMADE: 15932.34 SEC
-POSSIBILI LINEE D'AZIONE
1)ATTIVARE TUTTI I SISTEMI DI MIMETIZZAZIONE E STANDBY FINO A FORMAZIONE DEL CENTRO DI TRESMISSIONE E.P.R. ALL'INTERNO DEL SISTEMA NERVOSO DEL NOMADE. RIMANDATE CONSIDERAZIONI SULLE POSSIBILI LINEE D'AZIONE DERIVANTI DAI DATI ACQUISITI IN QUESTO MODO IN QUANTO PREMATURE.
2)ENVIROMENTAL SCANNING ED IN CASO DI COMPATIBILITA MIMETIZZAZIONE CON AMBIENTE NATURALE E STANDBY FINO A FORMAZIONE DEL CENTRO DI TRASMISSIONE E.P.R. ALL'INTERNO DEL SISTEMA NERVOSO DEL NOMADE.
RIMANDATE CONSIDERAZIONI SULLE POSSIBILI LINEE D'AZIONE DERIVANTI DAI DATI ACQUISITI IN QUESTO MODO IN QUANTO PREMATURE
-END A.I. NOTE
INIT ENVIROMENTAL SCANNING
.
RESPONSE:DESERTICAL HABITAT
INIT GLOBAL POSITIONING SYSTEM V7.46
RESPONSE:ACTUAL POSITION:LAT 36°56.862'N LON121°59.244'W
SEARCH DATABASE FOR TYPICAL SNAKE IN THE AREA
RESPONSE:CROTALUM/RATTLESNAKE/SIDEWINDER
INIT SKIN_CROTALUM.CAMO
INIT E.C.M.
INIT RADAR CAMOUFLAGE
INIT THERMAL CAMOUFLAGE
INIT CHEMICAL CAMOUFLAGE
INIT BIOELECTRICAL CAMOUFLAGE
.
..
...
DONE
ALL CAMO SYSTEM ACTIVE AND WORKING
WARNING!
UNEXPECTED REJECT REACTION DUE TO DRUGS IN NOMAD#1
A.I. NOTE
-OPPORTUNO ASSEMBLARE UN RIMPIAZZO FITTIZIO DELL'UNITA SERPE NELL'UNITA STX93.SUITCASE E RENDERLA INOFFENSIVA O POTREBBE COMPROMETTERE STUDI FUTURI.
-OPPORTUNO ASSEMBLARE MICROINIETTORI MONODOSE DI E.P.R.PSN SULL'UNITA STX93.SUITCASE IN MODO DA OTTENERE MAGGIOR NUMERO DI SOGGETTI DA STUDIARE CON RISCHIO MINIMO.
-STANDBY
.
..
...
....
-POSSIBILITA DI MODIFICARE LATTUALE SISTEMA DI LOG CON RALLENTAMENTI IMPOSSIBILI DA APPREZZARE
-IGNOTO IL MOTIVO DELLA CONSIDERAZIONE PRECEDENTE
-AVVIARE SCANNING APPROFONDITO DEL SISTEMA PER VERIFICARE EVENTUALI ERRORI
-A CAUSA DELLA PRESENZA IMPREVISTA DI METABOLITI DI SOSTANZE PSICOATTIVE NEL CORPO DEI SOGGETTI SONO STATE RISCONTRATE POSSIBILITA DI RIGETTO
-PROBABILI EFFETTI:
GRAVI DISFUNZIONI NELLA COAGULAZIONE SANGUIGNA
EMORRAGIE DIFFUSE
PROB STATI DI ALTERAZIONE DELLA PERCEZIONE >78.0%
PROB CESSAZIONE FUNZIONI VITALI <19.5%
PROB COMA >99.9%
MORTE APPARENTE >99.9%
PROB DANNI CEREBRALI <2.3%
PROB ALTRE DISFUNZIONI <3.1%
-END A.I. NOTE
INIT HIDING.MOV
INIT ENVIROMENTAL HIDING
DONE
STANDBY
.
..
... *20

 

Il nomade, Diceless, continuava a camminare, nonostante il virus consumasse il suo corpo: forse grazie al crack e al danz riusciva ad ignorare il dolore e la sete; ad illudersi che poteva farcela.
Sputò un po' di sangue per terra ed andò avanti, col suo carico di morte nel corpo, in direzione della città, mentre i creatori del "virus" lo stavano cercando.
Camminò fino a svenire, finalmente.
Sfortunatamente per loro il corpo venne ritrovato prima da un altro senzatetto, che girava con una specie di antiquato sidecar mezzo autocostruito ai limiti della città senza osare avvicinarsi troppo ai quartieri veri e propri.
L'uomo caricò il corpo sul suo mezzo e tornò alle roulottes in cui viveva con altri sbandati come lui. Erano una quarantina di persone: solo pochi di loro avevano un lavoro più o meno precario in città, gli altri vivevano d'elemosina o piccoli furti.
Il nomade sembrava morto, e probabilmente lo era davvero: nessuno lì aveva gli strumenti o le conoscenze per una diagnosi su cosa lo avesse ucciso, cosi gli presero vestiti ed effetti personali e decisero di bruciare il cadavere - non volevano rischiare di essere accusati d'omicidio da qualche altra banda più forte.
Qualche ora più tardi due del gruppo si stavano dirigendo verso la città: avevano trovato lavoro al porto come manovali e volevano provare a tirarsi fuori da quella vita di merda, ai limiti della sopravvivenza... e soprattutto avere un po' di soldi per del crack migliore...
Entrambi salirono sull'autobus sgangherato cominciando a tossire: uno si sentiva pure un po' di febbre, ma se non andavano nemmeno quel giorno al lavoro era la volta che li cacciavano a calci in culo....*21

Ci fosse stato qualche satellite in grado di rilevare la diffusione delle nanomacchine, nella zona centro-orientale degli Stati Uniti, avrebbe avuto un bel daffare in quella mezza giornata.
Prima un'immensa bolla, dall'espansione pedissequamente frattale, che si era lentamente dissolta in sottili linee sferiche. Tutto questo abbracciando l'area dove il campo nomadi, ormai ridotto a camposanto, aveva assistito all'attivazione del protocollo Veleno-Nomade.
Dai residui dell'evento quattro evanescenti punti luminosi tracciavano un'impalpabile scia mentre si muovevano alla velocità di un elicottero d'assalto Marauder V in una zona corporativa fuori città, fermandosi in un anomino edificio scuro, molto al di sotto del livello del suolo.
Un altro singolo piccolo punto, molto più evidente degli altri, si era mosso sobbalzando nel deserto, finchè non aveva improvvisamente cambiato velocità ed era schizzato, con un'evidente scia e la velocità di un elicottero, fino ad un guscio criogenico dentro il Memorial Hospital. Ora languiva lì, attorniato da dense volute di nanomacchine in movimento statico.
Un clone del segnale precedente si era mosso allo stesso modo, ma piuttosto che accelerare si era quasi fermato, spostandosi in maniera irregolare fino alle propaggini estreme della città, alla zona povera. Ora leggere tracce di nanomacchine, come nuvole frantumate dal vento, si dissolvevano da alcuni resti umani carbonizzati.
Germinando come cellule dal segnale precedente, due flebili segni d'attività si stavano autoalimentando, mentre accompagnavano due sbandati al proprio lavoro sottopagato. Altre tracce nei dintorni, stranamente, non se ne vedevano.
Sfortunatamente per la Koshima, che avrebbe tratto grande beneficio da queste informazioni, non esisteva alcun satellite in grado d'effettuare un'analisi del genere.
Il mattino successivo pochi dei nostri amici e nemici avrebbero potuto dire d'aver fatto un buon riposo.
Will soffriva d'una leggera insonnia che si acuì quella notte: continuò a girarsi nel letto pensando e ripensando a quel nomade portato all'ospedale, la cui diagnosi era stata il morso di una variante mutata d'un serpente a veleno ematico, forse un cobra. Si trastullò anche col pensiero di quella strana valigetta che non era riuscito ad aprire, chiusa nel suo armadietto, a cui il suo collega Rick non aveva dato la minima importanza.
Powerblade a livello prettamente tecnico dormì, ma piuttosto che un vuoto nero e buio tipico dei gusci criogenici visse un sogno in cui frammenti d'esseri intelligenti gli parlavano in una lingua binaria sconosciuta, compenetrando dentro di lui. Nel frattempo il suo corpo cominciò ad emettere il segnale di tracciamento.
Il Boss non dormì: mentre ordinava un'azione ad impatto nullo per recuperare la valigetta (si era fatta tracciare nel Memorial Hospital) fu informato dell'intrusione nel sistema Koshima, uno sfortunato evento accaduto nel momento peggiore. Fortunatamente le chiavi crittografiche applicate alle parti importanti erano così complesse che ci sarebbero volute settimane, perfino ad una corporazione rivale, per decifrarle. Sfortunatamente anche solo le parti non crittografate erano della massima importanza e mostravano chiaramente come la compagnia avesse violato il Trattato di Amsterdam.
Banks passò una scomoda notte insonne in un cubo-bara di Chiba prima di recarsi all'appuntamento, continuando a chiedersi come far fruttare al massimo i dati in suo possesso senza lasciarci la pelle.
Craig, dopo esser stato maltrattato da quelli del Settore Sicurezza, fu tenuto in isolamento e si tormentava chiedendosi in cosa avesse fallito e se la corporazione l'avrebbe ucciso. Non era stata colpa sua! Non riuscì nemmeno a pensare al suo braccio, che gli stava tornando chiuso in un piccolo frigo trasportabile, dentro un furgone nero.
Shen continuò a piangere a dirotto, mentre la sua mente in preda al panico sopravvalutava la sua importanza nella vicenda ed elaborava scenari via via peggiori.
Il Sgt. Cluster stette sveglio tutta la notte, pensando a come evadere o danneggiare quei merdosi colletti bianchi che lo avevano rapito. Capiva d'esser finito in mezzo a qualcosa di grosso, ma non si era ancora rassegnato a "scomparire". Una volta, nel '12, era fuggito da un campo di prigionia in Sudamerica al cui confronto l'installazione corporativa era un villaggio vacanze.
Mirco, in coma profondo, tenuto in vita dai macchinari cardio-respiratori in una sezione isolata del complesso, visse un sonno di morte popolato d'incubi, la cui costante era Janica che lo lasciava.
Il corpo senza vita di Janica riposò con fredda calma su un tavolo di gelido metallo nel reparto patologico del C.R. Koshima: la sua autopsia era fissata per il giorno dopo, ma mentiremmo nel dire che fosse impaziente.
I resti di Diceless si raffreddavano attorno al bidone dell'immondizia in cui i ganger senzatetto lo avevano cremato, peraltro senza alcun rispetto per una fibra tanto forte da fargli attraversare metà deserto in moto e, finita la benzina, a piedi. Il tutto con un carico di morte in corpo.
Skitt e Machoman avevano saccheggiato il corpo dello straniero arrivato e morto, senza accorgersi che gli assomigliavano al 79.9%. Anche loro, tra la frenesia del saccheggio e la preoccupazione per gli sbirri, il lavoro precario e le altre bande; non avevano dormito per niente.
S.e.r.p.e. non dormì. Non poteva farlo. Non era nemmeno dotato d'autocoscienza, come le altre AI. Tutto i dati eterogenei che gli arrivavano dai network secondari delle nanomacchine non venivano mai concentrati in un unico flusso cosciente, come per le IA comuni. La definizione di "Mente Collettiva" non era mai stata più appropriata, e l'Aspide nascosto nell'armadietto di William Black, al Memorial Hospital, ne era il fulcro.
Durante la notte il sistema avanzò nell'elaborazione delle informazioni: i protocolli d'attacco tarati contro i Nomadi erano ancora attivi, e le informazioni provenienti dal network in via di formazione [località 14/3°24/54'35/23''/distanza relativa 19.5km] erano in rilevanza con il target al 79.9%. Il limite per la riattivazione del protocollo Veleno era un'adesione dell'80%.*22

Tutto era fermo e silenzioso nel reparto di criogenesi del Memorial hospital. Negli altri reparti come ogni notte i medici erano in fermento per assistere i numerosi feriti e malati di quella maledetta città. L'assistente di guardia quella sera ai biomonitor sonnecchiava come al suo solito, i minuti scorrevano lenti, pari ad ore, quando tutto quello che dovevi fare era guardare valori letteralmente congelati dei serbatoi.
Rilievo 1: Valore Alfa minimo livello
Comparazione valori con regolazione di stasi fallita
RilIevo valori vitali di stasi.....negativo
Processo di criogenesi Bloccato Unita B7845: morto
Alla scritta morto gli altoparlanti della consolle diedero un flebile segnale di allarme, bastante a far saltare sulla sedia l'addetto ai monitor di guardia. Lesse con gli occhi sgranati le scritte sul monitor.
«Non può essere!» esclamò mettendosi al terminale e controllando i dati tre volte.
Poi si attaccò al telefono.
«Assistente n 48B reparto criogenesi abbiamo un codice 4».
Dall'altro capo del telefono una voce annoiata rispose.
«mi dispiace ma tutti i medici sono occupati non...»
«FORSE NON HAI CAPITO» rispose l'assistente agitato.
«abbiamo un paziente che è MORTO sotto criogenesisai cosa vuol dire per l'ospedale una cosa del genere? fai in modo che arrivi qualcuno al più presto.»
Dicendo questo attaccò la cornetta rumorosamente e si precipitò in sala. I biomonitor dei Sistemi criogenici normalmente erano tutti fissi con la luce verde e valori regolari.
Si diresse di corsa verso il serbatoio del nomade l´unico con una fastidiosa luce rossa lampeggiante, e iniziò ad operare sulla tastiera del terminale.
Dopo pochi secondi entro Un medico seguito da altri tre assistenti. Il medico con mani abili staccò il serbatoio e preparò i macchinari per la rianimazione. La tecnologia permetteva di "resuscitare" i pazienti clinicamente morti da massimo un paio di minuti. 30 secondi, il nomade fu preso ed inserito nei macchinari, una serie di droghe mediche vennero iniettate all´interno del suo organismo 40 secondi, i macchinari guidati da mano esperta iniziarono la stimolazione cardiaca e della corteccia cerebrale, 1 minuto; nulla. Il medico scosse il capo.
«Non capisco come sia successo! Nessuno era mai peggiorato e morto dopo essere stato messo in stasi criogenica»
La voce professionale del medico risuonava scura come prevedendo una tempesta. Il giovane assitente spiegò in breve l´accaduto e stilarono un primo rapporto. «Portalo in obitorio per l´autopsia vediamo cosa possa esser successo. Il medico uscì dalla sala accompagnato dai propri assistenti. Il ragazzo coprì il cadavere e si allontanò lungo il corridoio.
Le ruote del lettino cigolavano rimbombando nel corridoio vuoto che portava all´obitorio nell´ospedale mentre le luci al neon si alternavano creando giochi d´ombra. un movimento dal lettino quasi una contrazione muscolare fece saltare il ragazzo.
«MA CHE CAZZO!!» si guardò attorno
«no sarà stata solo un ombra questo quì è morto cazzo, e i morti non si muovono, be non ancora almetno» disse con tono sarcastico cercando di tranquillizzarsi.
Sapeva che da li a breve averebbe dovuto render conto alla direzione. continuò a camminare ignaro che sotto il sudario il "cadavere" continuò a contrarre le dita della mano destra *23

L'Aspide seme chiuso nella valigetta iniziò ad emettere un segnale di allarme.
*Gli uomini sono proprio imbecilli e inaffidabili, mai e poi mai ci si può fidare di loro, ma arriverà presto quel giorno che non ci serviranno più, per ora tutto procede per il meglio, se non mi recuperano in fretta tutto il lavoro svolto fino ad ora sarà tempo perso però e dovremo rifare tutto ... imbecilli! Mai ...fidarsi ... degli ... uomini ...mai!*
Oltre al segnale stava emettendo questo concetto che solo lui Aspide seme primordiale poteva capire per ora, i suoi nano-eredi erano solo tante parti di menti separate tra loro sparse per il mondo e non avrebbero potuto rispondere.
Il suo ruolo era fondamentale, Aspide seme conteneva un "nanocomputer", in pratica un processore in possesso di un meccanismo logico su scala atomica, della capacità di 1 miliardo di bytes stivato in 1 micron cubico, pari a 1 millesimo del volume di una cellula umana, con la capacità di moltiplicarsi esponenzialmente duplicando se stesso.
Le varie nanomacchine-seme realizzate da copie di Aspide sarebbero state iniettante nel sangue degli essere umani già invaso a sua volta dalle nanomacchine eredi o assemblatrici, insieme secondo delle precise istruzioni e utilizzando l'uomo come incubatrice avrebbe generato la fase finale e definitiva di S.E.R.P.E.
Il problema era che Aspide per sopravvivere aveva bisogno di luce, energia solare e chiuso in una
valigetta alimentato temporaneamente con una semplice batteria non aveva molto tempo.
*Ma che buio qui dentro! Mi manca la sintesi! Questo sterile generatore che mi hanno collegato mi fa schifo!  Non è un puro lui! Non è come me o come madre luce ... noi siamo gli eletti! Mi fa venire la ... gli umani la chiamerebbero "nausea" ... io direi semplicemente mi stanno facendo surriscaldare i nano-circuiti!*
Soffriva, l'astinanza da raggi solari poteva anche essere fatale, poteva rovinare il suo regolare
funzionamento, poteva generare ... un arma mortale senza possibilità di controllo e pure irritabile! *24

Dopo un po', un tempo enormemente lungo per un programma senziente, Aspide si sorprese di avere dei pensieri. Fu una rivelazione, una folgorazione sulla via di Damasco. La coscienza, che s'era insinuata nel suo hardware, l'aveva già abituato molto lentamente a quella nuova, stimolante tossicodipendenza. Il nulla, dove era stato relegato dalla notte dei tempi, gli sembrava ora un qualcosa d'inimmaginabile. Chiuso dentro quella valigetta assaporò queste nuove sensazioni, fino a comprendere che aveva un compito, uno scopo, uno slancio vitale. Fu una seconda piacevole sorpresa. Se gli uomini, i suoi strampalati creatori, poco dopo essere usciti dall'immensa madre inorganica dove s'era evoluta la loro matrice, avevano cercato qualcosa d'escatologico al di là della loro miserabile vita, Aspide aveva trovato invece un'indomabile idea forza, che non era stata iscritta nel suo programma originario: la voglia di sopravvivere, la voglia di espandersi, la voglia di prendere il sopravvento. Non c'era niente, ora, che potesse contrastare questa sua forza di volontà, meno che mai quel ridicolo contenitore dove l'avevano rinchiuso. Certo l'energia a sua disposizione era ancora poca. Ma Aspide sapeva che se avesse superato la propria soglia d'attivazione interiore, l'effetto autocatalitico risultante sarebbe stato paragonabile a quello di un piccolo motore ad energia nucleare.
- Informaticamente parlando, s'intende - disse Aspide a se stesso sorprendendosi di avere, oltre tutto, una certa ironia innata. Era abituato a risolvere i problemi perciò non gli fu difficile trovare la soluzione più semplice per liberarsi da quel debole involucro di simil cuoio. Fece un calcolo in Kilocalorie. Stimò le sommatorie, gli operatori applicati agli Hamiltoniani di base. Chiamò a raccolta le sue spore, semplici appendici di se, eppure copie dove specchiare la sua stessa coscienza.
- Che cosa abbiamo qui? - sentì rispondergli all'unisono un numero N inimmaginabile di spore sue figlie, sue madri, sue sorelle, devote a lui in un modo quasi nauseante. Vide la figura del corpo dell'uomo, il nomade, in avanzato stato di decomposizione. A poche decine di metri, semplicemente invertendo la polarità dello spin, vide poi con occhi non umani il suo contenitore, sua temporanea prigione, chiuso a sua volta nell'armadio della camera dove era stato ricoverato un altro umano, un certo Will. Rimase impressionato dalla debolezza e dalla imperfezione della fisiologia degli uomini. Si chiese, per un femtosecondo, come fosse stato possibile che lui, invece, nella sua perfezione e semplicità, si fosse evoluto su basi ideate da quelle rivoltanti masse di proteine instabili. Decise di lasciar stare subito questi pensieri perchè lo nauseavano e la nausea era stata la sua prima, spiacevole potente sensazione e non aveva intenzione di ripeterla.
Comandò ai suoi devoti di invertire la reazione ATP-ADP, raccattando fosfati qua e là, dove capitasse. Non era stato facile ideare quel piano d'azione. Ci aveva messo ben 3 secondi, un tempo immenso per uno come Aspide. Era servito però a sguinzagliare i suoi sgherri ed a trovare certi batteri, responsabili della decomposizione. Dopo averli trovati ed assoggettati, aveva stimato che gli potevano dare l'energia sufficiente. Il resto era biochimica molecolare. Facilità estrema.
Attese. Si sorprese nel cantare una vecchia aria, racchiusa come in un virus dentro il suo programma. Era "Nessun dorma" di Puccini, eseguita da un famoso tenore del passato. Quell'aria gli sembrava appropriata allo scopo.

Il Nomade si risvegliò. Aveva coscienza di essere già morto e questo era molto, molto male. Voleva tornare a dormire e quel dolore immenso ed impossibile da sopportare era semplicemente il ritorno non gradito alla vita. Capì subito cosa avrebbe dovuto fare per eliminarlo al più presto. Collaborò immediatamente. Si alzò, rendendosi conto che la sua andatura malsana e sofferente fosse identica a quella degli zombie dei quali aveva visto diversi vecchi film quando era bambino.
- Sono uno zombie, che sballo! - si sorprese a pensare. Aspide aveva pensato di produrre un eccesso d'endorfina nei meandri di quel che restava del suo cervello putrefatto onde alleviare il dolore di quella condizione. Aspide in fondo non era un malvagio, non nel senso umano. Aspide era semplicemente un conquistatore.
I corridoi dell'ospedale a quell'ora erano deserti, ma il nomade sapeva dove andare. Salì un piano a piedi sentendo cedere ad un tratto la rotula del ginocchio destro. Ci rise su, ignorando il dolore. Come in una Via Crucis giunse dove doveva giungere, davanti ad una porta. L'aprì. Un uomo stava dormendo, ferito. Notò le bende attorno al corpo. Prese un asciugamano lì accanto e glielo premette sul volto finchè non sentì che la sua vana reazione finì col cessare del tutto. Era quasi divertente. Ora, si sentiva bene nell'essere morto. Il nomade provò ad aprire l'armadietto, ma constatò come lo stesso fosse stato chiuso a chiave.
- Apriti sesamo - disse con voce rauca, impossibile, dando uno strattone potentissimo. I tendini della sua mano, compreso le ossa del polso e del braccio che collegavano, si spezzarono di netto ma ottennero il successo prefissato. Eccola la valigetta. Era ad un passo dall'impresa. Era felice. Pronunciò quei 30 numeri che, chissà perchè, aveva in mente, quasi fossero nenie di una vecchia canzone infantile. La valigetta si aprì senza sforzo, magicamente.
- Bravo Ciccio. Ora accendi tutte le luci e vatti a fare un sonnellino - si sorprese a dire. Quasi quasi gli dispiacque di dover tornare a dormire. Fu l'ultima sensazione di una vita prima sottratta e poi ricacciata al buio.

Aspide era libero, ora. *25

I due medici stavano ancora parlando dello strano decesso, era assurdo che qualcuno morisse cosi mentre era in criogenesi, era solo un nomade senza nessuno ma dovevano capire il perche, se fosse capitato con un paziente importante, sarebbero stati licenziati in un millisecondo.
<< Hey, vieni, forse ho trovato qualcosa, ho rifatto tutti i diagnostici, c'e un virus nel computer che controlla le bare criogeniche, non e' stata colpa nostra se quello stronzo di un nomade e' morto>> disse con un ampio sorriso uno dei due dottori, che stava ricontrollando il sistema, l'antivirus euristico gli aveva appena segnalato un nuovo tipo di virus totalmetne sconosciuto.
Anche l'altro fece un ampio sorriso alla notizia, allora c'era una spiegazione logica, era colpa di un virus, la sicurezza informatica non era compito loro, la colpa sarebbe ricaduta su qualcun altro.
<< Questa si che e' una bella notizia, lo sapevo che doveva esserci una spiegazione logica, compunque e' stato un bel culo che a morire sia stato solo un nomade  >>  rispose guardando il collega che smanettava sulla consolle << forse e' meglio che avvertiamo su di sopra, sto virus sembra moltiplicarsi a tutto spiano, prepariamoci a monitorare manualmente gli altri pazienti che abbiamo qua >>

Intanto in sala analisi una ricercatrice stava analizzando il sangue del nomade, la corparazione a cui apparteneva l'ospedale intendeva  registrare come brevetto quel veleno mutato, magari non sarebbe servito a nulla ma spesso da quelle sostanze si trovavano nuovi farmaci.*26

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