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ORE 12:10 a.m.

Una figura antropomorfa, la stilizzazione di un uomo formata da sole linee senza volume, si muoveva svelta a caccia di qualcosa attraverso i vicoli stretti di una fluorescente città di dati e figure geometriche affollata di cybernauti. Tutti conoscevano bene quella rappresentazione digitale, essenziale nella forma ma letale nella sostanza. Era uno dei poliziotti della rete. La gente del cybermondo li chiamava mastini, i cani da guardia del potere, coloro ai quali era affidato il controllo dei flussi dei dati e dell'operato del popolo del cyberspazio.
Tutti giravano alla larga, nessuno si azzardava a sfiorare quella figura e rischiare un contatto o un'interazione. Tutti, che ne fossero consapevoli o meno, avevano qualcosa da nascondere a un mastino. Tutti avevano qualcosa da temere da un'interazione con un mastino.
Il mastino arrivò ad un bivio. Una strada, orlata di linee blu fluorescenti, perpendicolare, al termine di quella che lui aveva percorso svelto. A destra un tunnel scuro, rappresentazione del nodo di connessione dei server del sud Europa. A sinistra un altro tunnel luminescente a senso unico, un canale di sola entrata, attraverso cui flussi di soli dati giungevano dal vecchio continente verso la vecchia Australia. Una figura, rappresentazione digitale di una vecchia conoscenza del mastino, un ibrido con la parte anteriore di un cane e il posteriore di un coniglio, ferma nel mezzo tra i due canali rimaneva immobile, intenta in chissà quale operazione.
Il mastino gridò. Una voce stridula ed elettronica, copia della sua vera voce nel mondo della carne: -Sex15° ti devo parlare- Il tempo di finire la frase e la buffa chimera dopo averlo osservato per un istante iniziò a correre verso il varco di destra in senso inverso alla pioggia orizzontale di dati in arrivo, schivando questi ultimi con veloci salti. -Fermati Sex15°...in ogni caso non potrai sfuggirmi-
Il piccolo buffo essere si voltò. Il tempo di un respiro, un attimo d'esitazione e passò il varco dei dati in arrivo. Il Mastino, con la stessa agilità nell'evitare le particelle del flusso dei dati che gli correvano incontro, lo seguì. I due, in un rimpiattino a zig zag, corsero agili lungo il canale di sola luce, poi improvvisamente Sex15° svoltò in piccolo oblò scuro, materializzatosi lungo le pareti del canale di luce che portava in un altro piccolo canale deserto.
Senza interrompere la corsa si voltò. -L'ho seminato, sì, ho seminato quello sbirro del cazzo!- Esclamò tronfio con la voce meccanica simile a una continua pernacchia. Non ebbe il tempo di realizzare cosa gli stesse accadendo che si sentì prendere per il dorso, rotolò un paio di volte poi, spalle a terra e zampe all'aria, vide gli occhi del mastino, due piccole gemme di luce fluorescente a pochi centimetri dal muso della sua rappresentazione.
-Mi hai deluso Sex15°, cercare di sfuggirmi in uno spazio di fibra morta. Eppure non sei uno stupido, gli spazi della rete senza dati sono gli usuali canali di passaggio per noi Mastini-
-Che vuoi Nikolas, che diavolo ho fatto?-
-Lo sai, la tua sola presenza nei pressi di quei nodi...cosa stavi trafficando, bello? Lo sai cosa succede se ti trovano ancora a frugare i mainframe delle reti intranet private? Eh, lo sai?-
-Accidenti Nikolas! Che diavolo vuoi? Altre informazioni con uno sconto cinque dita! Questa volta stai fresco. A dare informazioni a te non ci guadagno un fottuto niente. E per giunta i pirati di mezza rete iniziano guardarmi con sospetto dopo la storia di quel mainframe esca che ne ha fottuto a centinaia-
Un gracchiare ritmico provenne dal costrutto del Mastino, una risata. -Già, pensa se sapessero come ha fatto il loro collega Sex15° a uscire così in fretta dalla gattabuia, altro che mainframe trappola...un grosso spifferone tra gli hacker.-
-Vai a fare in culo Nikolas! Se io mi affosso, tu ti affossi con me. Metà delle informazioni che ti do, e tutti i codici che mi freghi ogni volta, li usi per i tuoi porci comodi...pensa cosa direbbero i tuoi colleghi se sapessero. Io mi disconnetto, ciao bello, chi si è visto si è visto!
Le braccia del mastino, ora strette in una tenaglia intorno al collo della chimera, aumentarono l'intensità della presa. Il tono della voce sintetica si fece più rabbioso. -Non ci provare neanche, ho appena tracciato il segnale. Sposta le mani dalla tastiera. Se ti muovi ti ritrovi una marea di miei colleghi a frugarti la cameretta. Tu non vuoi che qualcuno ti frughi la cameretta, Sex15°, vero? Del resto a chi vuoi che credano? A un mastino della rete, o a un pivellino tutto brufoli che tra una sega e l'altra ammazza il tempo incasinando le banche dati interne delle aziende solo per un qualche tipo di ideale di libertà e tutte le stronzate a seguire?
La mano nel mondo della carne di Sex15° si allontanò dal tasto di disconnessione. La voce più umile e remissiva. -Che vuoi, Nikolas?-
- C'è qualcosa che si muove nella griglia ultimamente, tutti parlano di qualcosa di grosso in arrivo dall'orbita, qualcosa per gente esperta, roba che ancora non si sa neanche bene quali potenzialità abbia, roba che crea denaro. Dimmi quello che sai e per me non sei neanche mai esistito!-
-Mi hai detto lo stesso anche l'ultima volta, Nikolas!- Sex15° guardò il volto del suo interlocutore, o quello che ora lo rappresentava: occhi, naso e bocca stilizzati in un disegno di poche linee su un viso triangolare con la punta all'ingiù, senza espressione. Parlò, un rantolo metallico riprodusse un sospiro: -Questa info valeva parecchio, sai. Comunque non so molto, non so di cosa si tratti precisamente. Tutti ne parlano ma nessuno fa troppe domande. Non sarebbe saggio farlo, c'è qualcosa di grosso dietro. Qualcosa per cui qualcuno d'importante sarebbe disposto a uccidere...ho solo questo, ecco, un attimo.- Sex15° mosse la sua mano di carne.
Nikolas avvertì qualcosa: -Che è?-
Ti ho appena uploadato delle coordinate geografiche e un orario. Non so cosa ci sia lì, o cosa succederà, sembrano i dati di un rendez-vous...questo è tutto quello che so, ho registrato questa roba cercando di leggere un messaggio criptato e...-
Il costrutto di Nikolas si sciolse come una statua di sabbia sopra Sex15° che non aveva ancora terminato di parlare. Aveva avuto quello che gli serviva e si era disconnesso.   

 

 

ORE 5:00 a.m.

C'era voluta quasi tutta la notte per trovare quel hacker suo vecchio informatore. Nikolas aprì gli occhi. Tirò su il capo, la luce dello schermo della console di connessione era sufficiente per illuminare parte della stanza.
Tese il braccio sinistro, sfilò i connettori dai moncherini del braccio destro e dell'anca sinistra. Tastò nella penombra, agguantò il braccio destro, e in uno schiocco metallico se lo reinserì. Non trovava la gamba. Tese ulteriormente il collo indolenzito dalla scomoda poltroncina di connessione. L'arto protesico era caduto in terra. Evidentemente l'aveva urtato.
Non riusciva mai a stare completamente fermo mentre era sotto. Imprecò pensando che odiava gli hacker, i loro nomignoli stupidi e i loro costrutti bizzarri. Grugnì nello sforzo di riprendere la gamba: -Ma che vorrà dire mai Sex15° poi? Ma in fondo è grazie a loro se lavoro! Si alzò, raggiunse saltellando l'arto e lo reinserì.   

 

 

ORE 8:35 a.m.

Non c'era voluto poco per raggiungere il luogo indicato da quelle coordinate. Nikolas si trovava ai bordi di un enorme cratere, di parecchi km di diametro, generatosi in chissà quale delle ultime guerre, situato al centro del deserto e distante 3 ore di viaggio dall'agglomerato dove lui viveva.
Scrutò lo spazio attorno. Non doveva essere stato l'unico ad avere quell'informazione, dai 4 punti cardinali vide parecchi polveroni lontani, segno di veicoli in avvicinamento.
-Che deserto affollato.- Commentò ironico. Guardò per aria attirato da un fischio continuo. Un veicolo orbitale, troppo veloce nella sua discesa per una corretta manovra d'atterraggio, stava scendendo al suolo. Saltò veloce nella sua auto e avviò il motore. Decise che stava succedendo qualcosa, quel qualcosa era collegato a quello shuttle in picchiata.
Non c'era il tempo per seguirne il probabile schianto da lontano. Lui là non era il solo, i polveroni che venivano verso la sua direzione ne erano la prova. Estrarre il suo distintivo per una perquisizione del veicolo una volta a terra sarebbe servito solo a farsi ammazzare da quella gente che arrivava da ogni direzione dell'orizzonte. Partì, lo sguardo rivolto verso l'alto, seguendone la parabola discendente. Una volta a terra lui sarebbe dovuto essere il primo a toccarlo.    

 

 

ORE 8:47 a.m.

Era un piccolo cargo merci, molto vecchio, per trasferimenti appena fuori orbita. Il muso schiacciato verso terra, e l'unità di propulsione puntata verso l'alto. Aveva perso il carrello anteriore, la velocità era stata troppo elevata. Non si era incendiato, il pilota aveva sganciato probabilmente i serbatoi del combustibile e del comburente.
Nikolas si avvicinò. Guardò l'orizzonte dell'enorme cratere in cui si trovava. Stimò non più di 5 minuti prima che quegli altri gli fossero addosso. Finito o non finito doveva andare via entro quei pochi minuti. Qualcosa era andato storto. Il veivolo aveva perso lo scudo termico e la carlinga presentava diversi fori. Qualcuno lo aveva sparato. Forse vi era stata una decompressione prima ancora del rientro in atmosfera. Qualcuno, consapevole del carico, aveva provato ad intercettarlo.
Afferrò la presa del portellone. Era rovente. Il cargo era venuto giù troppo velocemente per smaltire il calore dell'attrito in entrata d'atmosfera. Sentì la puzza dei suoi polpastrelli sintetici mentre si scioglievano, ma il suo arto protesico non gli diede dolore. Da tempo aveva disattivato i feedback. Il portellone si aprì senza nessuno sfiato confermando la sua impressione dell'avvenuta decompressione. Entrò veloce, la temperatura era elevatissima, al punto tale da far sembrare freddo il sole del deserto. Puzza di bruciato ovunque.
In un "clank" fece scivolare l'elettro-rivoltella fuori dalla sede del suo avambraccio. Prima uno sguardo alla stiva: vuota. Alcuni passi e si portò nella cabina di comando. Due uomini, i visi sfigurati da profonde ustioni, in tuta termica, giacevano stretti ai sedili da cinture a croce e privi di sensi. Nikolas ne tastò il collo. Uno era morto, l'altro ancora respirava.
Nikolas strattonò il pilota ancora vivo. -Dov'è il carico?- Ripetè più volte.
L'uomo, un filo di voce: -Aiutami...aiutami-
Nikolas con un sorriso forzato, l'attenzione su ogni rumore esterno, estrasse il suo distintivo ponendolo di fronte al viso dell'uomo: -Va tutto bene, a breve arriveranno i soccorsi. Vedi...vedi, sono un poliziotto...un mastino. Dov'è il carico?-
L'uomo rispose con un gesto del capo, indicando la cpu di bordo. Nikolas tese la mano sinistra e manovrò sui tasti. Nel piccolo schermo sotto la cloche, le coordinate dell'ultimo lancio avvenuto appena 7 minuti prima. Aveva quello che gli serviva. Tese la sua arma.
-Ti risparmio inutili sofferenze- Borbottò.
Un colpo alla cpu, un colpo al capo del moribondo. Pochi secondi dopo sfrecciava veloce nel deserto in direzione della casa di Marc, lontano dallo shuttle e dai suoi nuovi visitatori.

 

 

ORE 11.17 p.m.

Nikolas non aveva mai avuto alcuna predilezione per il volo. Non sapeva perchè. Forse non gli era mai interessato, forse abbandonare la terra sopra un ammasso di viti, bulloni e transistor non lo faceva sentire bene. Per Marc invece non era così, lui era un aviatore nato, uno di quelli vecchio stile. Niente automatismi, niente circuiti che bypassano la mente. Solo occhio per vedere dove si va, e orecchio per sentire il motore. Nessuna modifica organica per le forti pressioni e le alte velocità.  
-Questa roba si rompe, prima o poi tutto quello che è meccanico si rompe!- Esclamò Nikolas con un filo di voce tremante, riferendosi al motore del piccolo aeromobile con cui Marc lo stava portando ai confini dell'atmosfera indicati dalle coordinate.
Marc gli diede un'occhiata: -Porti male, cazzo! Lo sai? Tu parli così perchè hai quella roba attaccata...dovresti fartela una bella rigenerazione. Va bene che costano, ma non ci credo che non hai qualcosa da parte-
Nikolas osservò i suoi stessi arti protesici. Non rispose.
Marc sgranò gli occhi. C'era qualcosa nel cielo stellato sopra la coltre di nubi di smog. Qualcosa d'acciaio riflettè la luce della luna. Ci passò accanto, poi la sorvolò. -Ecco qua, bello! Siamo arrivati, le coordinate sono queste. Uhm, una stazione orbitante...beh, o ci trovi qualche ricco eccentrico, o qualche latitante dell'etere, in entrambi i casi non saranno contenti di vederti.- Scoppiò in una risata, seguita da qualche colpo di tosse tipico di chi non aveva mai perso il vizio del fumo.
Nikolas guardò dall'oblò: una grossa cupola centrale e tante altre piccole tutte attorno, collegate vicendevolmente da tubi flessibili. Pensò a una famigliola di esseri marini ormai estinti per l'inquinamento delle acque. Gli pareva si chiamassero meduse.
-Manda una richiesta d'attracco. Spiega che sono un agente e che la mia è solo una visita di routine-.
Marc alzò la mano, il pollice teso: -Già fatto bello, appena gli ho visti. Ti aspettano al loro pozzo antigravità di prua- Nikolas si alzò dal seggiolino: -Bene, mettiti sulla verticale, mi lancio- Indossò la tuta da attività extraveicolare. -Mi raccomando Marc, se ti trovano portando via quello shuttle nel cratere di cui ti ho parlato, tu non mi conosci.-
Marc sorrise. -Tranquillo, bello, non mi troverà nessuno. Con quello ti sei pagato il passaggio-
Nikolas salutò con un gesto e, benchè odiasse farlo, dopo un'imprecazione si lanciò dalla stanza di pressurizzazione.       

 

 

ORE 12:25 a.m.

Appena arrivato, Nikolas estrasse il distintivo. Lo mostrò ad un'anziana donna dal volto rugoso e bianchi capelli a spazzola che lo aspettava dall'altra parte del portello della stanza di pressurizzazione.
Perentorio, esordì senza alcun convenevole: -Polizia del cyberspazio, buongiorno. Circa 14 ore fa avete ricevuto un carico...sarei interessato a visionarlo...niente di anomalo, solo una verifica di routine sul traffico trans-orbitale. 
La donna, un'espressione perplessa, si mosse di slancio fluttuando. Rivelò un'agilità tipica di chi da anni era ormai abituato alla fisica della bassa gravità. Il fisico snello, pelle e ossa con poca massa muscolare. -Non credevo che voi Mastini vi interessaste di controlli postali-
Rise -Anzi, non credevo proprio che vi muoveste fuori dal cyberspazio...mi segua-
Nikolas, impacciato nei movimenti, ribattè col tono di chi non deve dare spiegazioni: -Ho l'autorità per certi controlli...in ogni caso, niente di cui vi dobbiate preoccupare!-
La donna continuò a galleggiare lungo i corridoi percorrendo un claustrofobico labirinto, e come se il suo ospite le avesse chiesto qualcosa raccontò: -Sa, questa piattaforma prima era la sede di un cannone transcontinentale. Dopo il disarmo l'abbiamo comprata a un'asta. L'abbiamo pagata poco, l'alternativa era lasciarla fluttuare come un relitto in orbita. Io e mio figlio avevamo bisogno di tranquillità e ce la siamo presa. Abbiamo convertito le cupole in serre e piantato dei vegetali a genetica complessa, poi la luce del sole e la condensa che recuperiamo per il raffreddamento dei motori fanno tutto. Abbiamo tutto, carboidrati, proteine, vitamine...tutto.- 
 Solo una volta ogni due anni facciamo un carico per l'acqua potabile. Siamo completamente autonomi, abbiamo pure 5 pile atomiche, ci bastano per 10 delle nostre vite!- Esclamò tronfia.
-E poi Atlon consuma poco!-
-Nikolas corrugò la fronte: -Chi è Atlon?-
-Mio figlio, qua ci siamo solo io e lui. Mio marito, qualche santo l'ho abbia in gloria, non c'è più da molto tempo, ormai-
Nikolas, a quest'ultima notizia si sentì rasserenato. Decise che se fosse stato necessario ci avrebbe messo molto poco ad eliminare una vegliarda e il suo ragazzo. -Beh, siamo arrivati-
Alla fine di un lungo corridoio obliquo i due accedettero a un ambiente circolare con 4 passaggi, la donna aprì il 2° da destra ed entrò. Nikolas la seguì tendendo il braccio protesico, pronto per far scivolare fuori la sua arma ed eliminare gli ultimi ostacoli al tesoro che stava seguendo.

 

 

ORE 1:14 a.m.

Nikolas passò facendo attenzione a non sbattere la testa. Aveva dato troppo slancio, non era abituato alla poca gravità. A stento contenne un'imprecazione. Un enorme ammasso di carne cilindrico ricoperto di vene e cartilagine pulsava sospeso, ancorato a cateteri per lo scolo di sostanze e l'integrazione dei nutrimenti. Attorno, Nikolas riconobbe svariati macchinari e un mainframe.
La donna spiegò ancora prima che Nikolas riuscisse a parlare: -Fanno tutti così quando lo vedono...è mio figlio Atlon. Il padre era il manutentore dei motori di questa piattaforma. Le radiazioni non hanno mai agito direttamente su di lui, ma sulla trasmissione del codice genetico. Atlon è il risultato. Comunque, là c'è il carico che voleva vedere.-
La donna indicò una teca di vetro, all'interno della quale si trovava un chip sospeso ad atmosfera zero, collegato al mainframe attraverso sottilissimi fili. Continuò: -Atlon vive perennemente nel cyberspazio. Attraverso esso noi due comunichiamo, lui attraverso il cyberspazio comunica con tutti. Non so cosa faccia. Mi hanno detto che è intelligente...anche se a modo suo, lui ragiona e capisce il mondo esterno. Alcuni dicono che lo studia. Quel chip se l'ha fatto fare, su suo progetto, da una piccola azienda lunare che produce particolare tipi di chip approfittando della gravità zero e di particolari temperature. Quello è il carico che ci è stato consegnato poco più di mezza giornata fa.-
Nikolas, la voce tremante e un vago senso di nausea, gli occhi magnetizzati da Atlon, balbettò: -Cosa sta facendo ora?-  
-Lui è in rete. Quel chip gli permette di essere svelto. Ora sta facendo questo- Tamburellò su un piccolo schermo dove dei caratteri correvano veloci. -Lo fa da sempre, ma da stamani, da quando è arrivato il chip lo fa più veloce: scrive codice, scrive dei software casuali, migliaia di software all'ora per chissà quale utilizzo, se mai ne avranno uno...questa è la sua vita-
Nikolas si lasciò andare alla bassa gravità. Allentò la tensione sul suo braccio meccanico, decise che non sarebbe più stato necessario usare le sue armi. Si sentì infiammare di rabbia, poi scoppiò in una grossa risata. Qualcuno aveva intercettato l'ordine di quel chip, e la notizia probabilmente incompleta nel diffondersi nella rete l'aveva fatto sembrare chissà che. E lui come tanti altri allochi aveva rincorso quella voce fasulla. La donna, lo sguardo di chi osserva un animale raro dallo strano comportamento, lo studiò in silenzio.

 

 

ORE 3:44 a.m.

NIkolas aveva chiesto alla donna di portarlo in giro per le cupole sospese di quella piattaforma. Era curioso, non aveva mai visto una stazione completamente autonoma, e che per giunta aveva ospitato un cannone transcontinentale. Aveva visitato anche ciò che rimaneva di quest'ultimo. Ora rimaneva solo il corpo centrale, un gigantesco monoblocco riutilizzato come sistema per il riciclo della condensa. Le altre parti, propulsore e percussore erano state asportate in fase di disarmo.
Decise che sarebbe tornato a terra con uno dei palloni d'emergenza. La donna impostò le coordinate e lui partì. Durante il viaggio di ritorno, mentre osservava le stelle, pensò che avrebbe potuto uccidere Atlon e la madre, rubare quel chip...e poi cosa avrebbe fatto?
Quel chip progettato da una mente sublime poteva essere utilizzato solo dalla stessa mente sublime. Rassicurò se stesso: No! Non si stava rammollendo, lui non era certo il tipo di persona incline a provare pietà. Inoltre concluse che piazzare quel chip in qualche maniera sarebbe stato troppo difficile, almeno per adesso che ancora non se ne conoscevano le reali capacità.

Un giorno forse sarebbe tornato su quella piattaforma a trovare Atlon. 

 

 

FINE

 

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