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Dal cervello del partecipante, nel cuore della gara.
Con l'avvento di web 7.0 e dell'ecosistema-rete erano nati coloro che correvano fra le fiamme. I primi, naturalmente, erano stati dei solitari eroi che avevano visto in quello una sfida la possibilità di superare i loro limiti e sconfiggere la paura, ma sulle loro leggende era poi stato costruito un vero sport, anche se illegale, che coinvolgeva sempre più gente sia come pubblico che come partecipanti.
Chi corre fra le fiamme si pone un obiettivo, un punto sicuro della rete, difeso da barriere, e cerca di raggiungerlo, abbattendo ogni ostacolo sia stato messo sul suo cammino, nel tempo più rapido possibile. Non è però un gioco di programmazione, una noiosa ricerca dell'errore, uno studio di algoritmi: nell'ecosistema-rete il codice, le informazioni e le chiavi d'accesso sono pulsante fluire di dati. Nessuno più ha una percezione globale di come tutto funzioni, nessuno ha più reale controllo su quanto accade, violare zone riservate in una situazione del genere è questione di puro istinto.
Quando vi fu la gara verso IcoNet io correvo già da alcuni anni, ma comunque ero uno dei più giovani sulla scena che conta. I miei maestri avevano detto che ero cresciuto in fretta ed effettivamente, quando dichiaravo la mia età, tutti mostravano sospetto. Penso addirittura che certi fossero nervosi a dover competere con un diciassettenne come me. Bhe, con un diciassettenne bravo.
La corsa verso IcoNet era stata organizzata come il più grande evento di sempre tra le gare e ricordo perfettamente che ci partecipavano tutti i più grandi corridori dell'epoca: Mawaba, Botticelli, Skyblade...
E poi c'era Musashi.
Musashi era giapponese, questo era noto, ma negli ambienti non c'era nessuna storia su di lui. Non c'era nessun passato, nessun aneddoto, nessuna informazioni. Era come se Musashi apparisse nel mondo solo al momento delle corse e poi tornasse a dormire chissà in quale angolo buio dell'universo, in attesa di nuove fiamme da attraversare.
E Dio se era bravo in quello.
Tutto quello che si poteva raccontare di Musashi era accaduto nelle corse. Aveva vinto ogni gara a cui aveva partecipato, in certi casi ridicolizzando avversari di tutto rispetto. Si diceva che BlackMech avesse mollato dopo averlo visto in azione, si raccontava che le corporazioni avevano messo una taglia su di lui, non per eliminarlo, ma per poterlo ingaggiare. Cifre a molti zeri.
Io adoravo Musashi, anche se un corridore non può dire di adorarne un altro, non sta nella mentalità delle gare una cosa del genere. Eppure per me Musashi era tutto ciò che per me rappresentavano le corse fra le fiamme: era invincibile, immortale, irreale, la sua leggenda era come un indistruttibile filo d'acciaio che passava la rete da parte a parte.
Per tutti gli anni in cui mi ero allenato e avevo combattuto in corse minori, per tutti i giorni che mi ero piegato alla rigida disciplina del corridore, in tutti quei momenti avevo davanti Musashi, l'idea di Musashi, visto che la sua esistenza era così impalpabile.
E poi venne la corsa a IcoNet.
La notizia che ci sarebbe stata, come sempre, mi era giunta attraverso il passaparola tra gli hacker.  Quando fui certo che vi avrei partecipato smisi di dormire, di mangiare, di vivere. Passai ore connesso nel tentativo di perfezionare la mia tecnica, chiuso in casa, attendendo il momento in cui avrei potuto sfidare le fiamme una volta di più. Non era un comportamento particolarmente assurdo il mio, ero certo che tutti gli altri corridori si stavano comportando come me, cercando di prepararsi nel modo migliore possibile alla corsa.
Quando l'organizzazione, quindi, ci chiamò all'appello per potere dare il via alla gara eravamo tutti pronti, tutti carichi, proiettili in canna in attesa del percussore. Alla fine vi furono settantaquattro partecipanti, alle iscrizioni non era stato messo nessun limite. Novellini, veterani, nuove leve, amanti del brivido, qualunque umanità fosse capaci di connettersi a una profondità maggiore dei normali utenti aveva voluto esserci, a costo di rischiare la vita. Uno spettacolo impressionante.
Ero assieme ad altre settantatrè persone, ma ero anche solo, nella mia stanza, pronto a tuffarmi nella rete. Spensi tutte le luci, mi buttai sul letto e mi sistemai la fascia recettiva intorno alle tempie.  Prendendo un lungo respiro digitai comandi finchè il nodo che dirigeva le danze rispose alle mie chiamate e mi invitò a prepararmi, in attesa che tutto cominciasse. Dopo attimi eterni l'annuncio invase la mia mente.
Caricamento dei parametri di gara in corso...
Registrazione delle connessioni...
Connessioni completate: 74.
Connessioni convalidate: 74.
L'obiettivo da raggiungere è il core secondario della rete IcoNet, il coefficiente di difficoltà è stato calcolato sulla cifra di 66.
Pronti.
Partenza.
Via!
Le prime difese furono facili da attraversare, in verità non si potevano nemmeno considerare  difese. Bisognava solo lacerare il tessuto connettivo per arrivare sul vero campo di battaglia, lontano dalle strade battute dagli utenti regolari della rete. Oltre questo primo scoglio riuscirono ad andare tutti, anche perchè non hai nemmeno la possibilità di iscriverti a un evento del genere se non ne sei capace. Quando fummo nella terra di nessuno, nel luogo dove giace il codice senza interfaccia, riuscii ad intuire la presenza di ogni avversario intorno a me. Qui di solito c'è meno gente che nella rete vera, quindi potevo tranquillamente pensare che tutti gli spot che registravo fossero concorrenti. Li sentivo intorno a me e li sentivo correre come forsennati, sgranare i bit che li dividevano dall'obiettivo come suore invasate. Nei pressi della struttura di IcoNet sorsero i primi problemi: fluttuazioni di dati, sistemi di difesa allo sbando, spazzatura. Roba buona per scremare i novellini e infatti i primi si persero a quel punto, ma furono pochi. Avanzando, i restanti partecipanti incontrarono la roba seria, la struttura effettiva del sistema informatico, le sue mura. E' un momento che conosco bene, è il momento in cui si comincia a rischiare. L'intero gruppo di corridori, senza mettersi d'accordo, si dispose di fronte all'ostacolo come uno stormo.
I primi che si lanciano all'assalto, spesso, sono i più folli e i più incoscienti. Tutti credono di riuscire a vedere brecce nel sistema, ma la verità è che le brecce non esistono, a parte quelle che crei. Con pazienza ne lasciai andare a sbattere diversi per vedere come la struttura reagisse e lentamente cominciai a comprenderla, raccogliendo abbastanza dati per elaborare una strategia.
Poi tutta la mia concentrazione andò a pallino quando mi accorsi che lo spot accanto a me era Musashi.
Non esiste veramente il concetto di "vicino" nell'ecosistema-rete, ma esistono entità fra cui la comunicazione, anche involontaria, è più fitta. Visto che tutto, mentre si corre, è istinto, quello che si riceve dal proprio prossimo non sono vere parole o frasi, ma più che altro emozioni, si viene a creare una sorta di elettrica empatia. Quasi senza volerlo mi concentrai su Musashi e ne ricevetti indietro una specie di stilettata ghiacciata. Musashi era come un buco nero, assorbiva le mie emozioni, le fagocitava, ma non rilasciava niente di suo. Non sembrava nemmeno in attesa come tutti gli altri corridori, non dava impressioni di essere intento a studiare una strategia, era come il  perno dell'universo virtuale, era come se l'intera rete girasse intorno a lui.
Poi partì, senza preavviso, buttandosi in un punto dove nessuno aveva ancora attaccato e io realizzai d'improvviso che la mia unica strategia non poteva essere che andargli in scia. Mi accodai e lo guardai agire.
Veglia di sicurezza IcoNet.
Si svegliò e scivolò fuori dall'amaca di malavoglia, lentamente, senza stare a guardare l'urgenza. Caffè caldo in mano si trascinò fino alla sala.
- Non hai l'uniforme addosso. - gli fece notare la Mantide, dopo che lui ebbe attirato la sua attenzione con un mezzo grugnito.
- Al diavolo. Farebbe anche a te bene, ogni tanto, smollare quei lacci.
La Mantide era una bella donna e l'uniforme era attillata, non ci mise molto a capire dove volesse arrivare. - Tieniti queste belle idee per quando torni a letto solo soletto, ora abbiamo da fare.
Guardò lo schermo da dietro le ultime cortine del sonno, mandando giù grossi sorsi di caffè. - Una maledetta gara.
- Mh? - fece lei. Prima che la IcoNet la pagasse di più lei stava coi militari. Nell'esercito si picchia più duro, dicono, ma con metodi meno fantasiosi.
Lui guardava gli hacker infrangersi contro le difese di IcoNet e bruciare, come uno sciame di falene davanti a una lampada al neon. - Una gara, una corsa fra le fiamme. Le organizza la Yakuza per coprire i suoi attacchi. Prende una massa di hacker esauriti e li sbatte contro le nostre difese.
- Passeranno?
- Nei loro sogni, magari. IcoNet non è una bella scelta per una gara, ci mangeremo i loro neuroni come una tazza di corn flakes. Ma gli yakuza staranno cercando di infiltrarsi da qualche altra parti, le parti a cui questa stupida battaglia sta sottraendo energia. Mandiamo fuori tutte le pattuglie disponibili e scandagliamo in prima persona. Una roba così grossa si organizza per qualcosa di serio. Scopriamo cosa.
Lei si avvicinò alla sua postazione e scostò i capelli lunghi, per far poggiare la banda recettiva sulla pelle. - Quindi non andiamo lì in mezzo a vedere cosa succede?
- Quel piccolo luna park? Noioso e di scarsa attrattiva. Troviamo il...
- Bhe, cosa succede?
- Due spot sono all'interno del secondo guscio, se continuano così arriveranno ai core. Dobbiamo fermarli!
- E i tuoi yakuza?
Si mise la fascia recettiva di scatto, gemette mentre quella gli tirò i peli. - Falli trovare a qualche cane da guardia. Io vado là.
Dal cervello del partecipante, nel cuore della gara.
Intorno a me codice diverso, strano, non avevo mai visto niente del genere, mi accorsi che non potevo più usare il mio istinto, non capivo il labirinto in cui ero finito. Ero penetrato troppo all'interno di IcoNet, qui la sicurezza era qualcosa di completamente diverso da quello a cui ero sempre stato abituato, l'unica mia speranza ormai era seguire Musashi, che mi tirava come se fossi un aquilone, mi trascinava aspettando che io mi alzassi in volo nella brezza, spesso inutilmente. Musashi aveva una mente superiore, quello che vedeva non lo vedeva nessun altro, quello che faceva, nessuno poteva capirlo. Io gli andavo dietro perchè danneggiava i sistemi di sicurezza anche per far passare me, ma se non si fosse comportato così sarei rimasto lì dentro, intrappolato, finchè lo shock da overdose di dati non mi avrebbe riportato a casa al limite del coma.
- Perchè mi vuoi con te? - provai a chiedergli esplicitamente, usando l'interfaccia tra corridore e corridore.
Musashi non rispose, ma qualcosa in lui vibrò come a indurmi a seguirlo. Mi accorsi in quel momento perchè era così diverso dagli altri corridori: aveva del codice cucito addosso, una specie di bozzolo di sicurezza che lo difendeva dagli attacchi e lo rendeva a sua volta un sistema complesso da penetrare. Se le difese informatiche sono le fiamme che noi corridori ci proponiamo di attraversare, allora il corpo di Musashi bruciava.
Conoscevo la strada verso l'obiettivo della gara, verso il core secondario, ma a un certo punto Musashi sembrò puntare in una direzione diversa, si accanì contro delle barriere ancora più oscure e complesse di quelle che a mio parere avremmo dovuto attraversare, si addentrò in una selva di dati criptati che avevo difficoltà persino a guardare.
- Dove stiamo andando?
Il suo corpo fremette chiedendomi semplicemente di andargli dietro.
Musashi abbattè un muro dietro l'altro, finchè ci trovammo in un luogo così impenetrabile che persino i suoi architetti avevano pensato non avesse più bisogno di serrature. Così finalmente le nebbie si diradarono anche per me e riuscii a distinguere con precisione dove eravamo: davanti a me risplendeva e pulsava il core primario dati, un enorme cuore che pompava informazioni in ogni angolo di IcoNet, il motore immobile del piccolo universo della rete. Ai suoi piedi, come per una cerimonia religiosa, un nugolo di spot, altre persone collegate. Sembrarono sorpresi di vederci ed effettivamente quelle zone non avrebbero dovuto essere usate da operatori umani. Subito, avvicinandoci, ci connettemmo a loro.
- Chi sono? - sentii chiedere uno.
- Corridori.
- I corridori a questo punto dovrebbero essere tutti bruciati.
- Guardali. Sono corridori.
- Se si potesse arrivare fino qui durante una corsa non avremmo impiegato i mezzi che abbiamo impiegato per questa incursione.
- No, aspetta, quello lo riconosco.
- Musashi.
- Musashi.
- Corridori.
- Musashi.
Il guscio protettivo di Musashi si aprì un poco, come un fiore notturno che si schiude. Finalmente lo sentii comunicare. - yakuza. - disse.
Quelli si fecero intorno a noi, ci guardarono come se fossimo spettri. Per quanto ne fui capace mi nascosi dietro a Musashi, nonostante il suo spot, tra tutti, mi sembrasse il più minaccioso.
- Musashi.
- Musashi.
- Musashi.
Continuavano a salmodiare gli yakuza.
- Non ho bisogno di loro. - disse lui, forse parlando a me. - Non mi piacciono.
Si fece avanti, fulmineo, veloce come solo un corridore può essere. Li affrontò come se fossero sistemi difensivi, come se fossero codice da violare. Inizialmente quelli fecero resistenza, ma erano troppo sorpresi per reagire e così, al tocco di Musashi, si dissolsero in nuvole di dati incoerenti. Quando arrivò addosso agli ultimi ormai li aveva capiti, ormai aveva imparato come funzionavano, e per eliminarli gli passò letteralmente attraverso, quasi fossero fatti d'aria, senza battere ciglio.
- Musashi. - chiamai io, come se avessi preso in carico l'eredità degli Yakuza morti.
Lui rimase un momento in mezzo allo sfacelo che aveva causato aspettando che la rete riassorbisse il caos di dati che aveva sparso in giro. Quando tornò la calma si portò vicino al core centrale e lo sentii finalmente interfacciarsi con me. - Devi dire che questo è possibile. Devi dire che essere corridori è niente, rispetto a quello che possiamo fare.
- Di cosa stai parlando?
- Troveranno i miei studi. Non li ho... nascosti bene.
- Musashi, ci troviamo accanto al core centrale di IcoNet, cosa... cosa possiamo fare noi qui?
- Questo.
Musashi toccò il core. Nel core si aprì una breccia come in un uovo, come se qualcosa beccasse dall'interno. Musashi scomparve.
Squadra di veglia primaria IcoNet.
Le comunicazioni degli altri agenti gli arrivavano sparate direttamente nel cervello. - Signore?
Lui era impegnato a convincere i sistemi di difesa di IcoNet che non era lì per distruggere, ma per proteggere, cosa che, nelle zone più profonde della rete, era tutt'altro che agevole. Rispose di malavoglia. - Parla.
- Abbiamo trovato segni di un ingresso. Qualcuno ha usato chiavi rubate per penetrare nel sistema. Abbiamo trovato diversi sbarramenti aperti. Il percorso che si sono aperti conduce al punto dove state andando voi. Prudenza.
La Mantide era lo spot dietro di lui, piuttosto insofferente per la situazione che stavano affrontando. La sua costante apatia rendeva difficile capire quanto fosse effettivamente concentrata su quello che faceva. - Problemi? - chiese, mentre recuperava una diagnostica delle difese della zona.
Seguendo un tic antico, prima di risponderle, controllò che tutto il suo equipaggiamento virtuale da combattimento fosse in ordine. - Sembra che stiamo andando incontro a una squadra di invasori. Date le proporzioni dell'operazione direi che possiamo aspettarci almeno una mezza dozzina di yakuza ostili.
- E gli spot che stiamo inseguendo noi?
Si spazientì. - Da queste parti ci sono yakuza ostili e due corridori, è tutto quello che so. Tutto il resto lo stiamo andando a vedere di persona, mi pare!
Si gettò a capofitto nell'opera di attraversare le barriere. Superato l'ultimo sbarramento di difesa dopo una fatica immensa, a dividerli dal core c'era solo un punto d'accesso. Si fermò e attivò tutti i sistemi di offesa, parlò alla Mantide mentre lei faceva altrettanto. - Non so quanto supporto potremo avere, sicuramente l'assalto è affar nostro. Ad ogni modo mi aspetto di trovare gente equipaggiata meno di noi.
La Mantide continuava a rimanere tranquilla, anzi, c'era una punta di metallico divertimento in lei. -   Non penso sarà qualcosa di complesso. - si limitò a dire.
- E' successo qualcosa di molto anomalo oggi, vorrei che te ne rendessi conto.
Ancora una volta non riuscì a scatenare in lei alcuna reazione. - Procediamo.
Fecero irruzione nel modo standard, violando l'accesso, connettendosi con l'infrastruttura, prendendo il controllo dell'ambiente in cui si trovavano. Solo una volta completate le procedure iniziali ed essersi schierati si accorsero di quanto inutile fosse quello che stavano facendo. Presso il core si trovava un solo spot, lo spot di un corridore, immobile, come in contemplazione religiosa.
- Identificati. - gli fece, avvicinandosi. Non sembrava ostile, ma nonostante quello continuò a tenere i suoi armamenti attivi e la Mantide fece altrettanto dietro di lui.
- Io sono uno che corre fra le fiamme.
- E' il caso che lo portiamo via, scopriamo dove sta nella realtà e lo interroghiamo fuori da qui. - fece la Mantide, pratica. Questa volta sembrava che il suo pragmatismo fosse dovuto anche a una sottile vena di delusione che doveva averle provocato il mancato combattimento.
Lui però aveva ancora qualcosa da sciogliere, quell'angoscia che aveva sentito quando aveva visto gli spot entrare. Angoscia che era aumentata lì dentro, quando non aveva trovato nessun yakuza ad attenderlo. - Aspetta, c'è qualcosa qui. - Se lo stava sognando o era vero? Si può sognare, quando si è immersi nella rete?
- Qui dove? - La Mantide, non credendogli, scandagliò svogliatamente l'area.
- Nell'aria.
Lei esitò, l'interfaccia mandava strane onde di fastidio e compassione. Fu il corridore, a quel punto, a dargli retta, trasmettendogli una gamma di sentimenti completamente diversi. - Già. - disse.
- Cosa è accaduto qua?
- Lui è entrato.
- Lui chi?
- Musashi.
La maggior parte del corridore era tesa verso il core, provò anche lui ad avvicinarglisi. Notò subito che c'era qualcosa di strano dentro il core, percepiva qualcosa che non aveva mai sentito nei tanti anni in cui ne aveva contemplato l'attività. C'era come un secondo battito, nascosto sotto il pulsare principale dello scambio dati, più lieve, ma altrettanto costante. - Dov'è Musashi?
- Dentro il core.
La mantide si fece avanti, semplicemente per fare il suo lavoro. Quei discorsi assurdi non la toccavano, per lei la rete era solo rete, il codice solo codice. Credeva che, come responsabile della sicurezza, contassero solo le persone che si trovavano nei luoghi in cui non gli era permesso andare. - Bene, il festival dell'assurdo un'altra volta, ora andiamo.
- No - gli fece lui, cercando di non apparire terrorizzato mentre, di contro, l'interfaccia empatica metteva a nudo le sue paure di fronte a tutti. - C'è qualcosa... dentro il core.
Il pulsare secondario si fece più forte. Abbandonò il flusso principale dei dati e iniziò a scorrere all'interno della struttura stessa di IcoNet. Presto le pareti della rete iniziarono a vibrare, una vibrazione costante, stolida, coerente.
Finalmente anche la mantide si scompose. - L'anomalia sembra molto estesa. - disse, mentre si metteva in contatto con le altre squadre. Le sue armi si irrigidirono, pronte ad agire, tutte intorno a lei.
La vibrazione si complicò, iniziò a risuonare, a rimbalzare, divenne una voce.
...Musashi Musashi Musashi Musashi Musashi...
- Cosa diavolo sta accadendo? - chiese lui.
Il corridore sorrise, cercando di aprire ogni suo recettore alla vibrazione. - C'è qualcosa che va oltre essere corridori delle fiamme. - decretò. - C'è una nuova sfida. Benvenuti nel web 8.0.
E da quel giorno, in effetti, l'ecosistema-rete non fu più lo stesso.

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